
Consigli, trucchi, spostamenti e costi per un “on the road” indimenticabile!
Breve introduzione
La Colombia è un Paese emergente nel mondo del turismo; con un passato triste e cupo, martoriata da anni di dominio da parte dei cartelli della coca e delle FARC, si sta lentamente e orgogliosamente rialzando. Molti viaggiatori sono frenati dalla presunta pericolosità di questo Paese ma posso assicurarvi, che con i dovuti accorgimenti che ogni viaggiatore coscienzioso sa di dover adottare, ovunque si trovi, non correrete nessun pericolo.
Quello che segue è un itinerario di 3 settimane in Colombia che, per forza di cose, esclude alcune aree del Paese; è troppo vasto da pensare di visitarlo in soli 21 giorni.
I Colombiani sono un popolo ospitale, sempre sorridente e pronto ad aiutarvi non appena vedrà in voi un senso di smarrimento. I trasporti sono capillari, ci sono molte compagnie di bus che coprono le tratte più frequentate da un viaggiatore. In alternativa si possono trovare tanti voli interni economici se preferite spostarvi in fretta.
L’unico rischio che correrete in Colombia sarà quello di volerci rimanere!
Alla fine dell’articolo troverete un elenco dei posti in cui ho dormito con annessa recensione. I prezzi riportati nell’articolo si riferiscono a Dicembre 2018 e relativo cambio.

Giorno 1 – arrivo a Bogotà
Avendo acquistato i biglietti solo 20 giorni prima della partenza, mi sono accontentato di un volo da Milano con scalo a New York per poter contenere il prezzo. Arrivato all’aeroporto di Bogotà in tarda serata (circa le 23:30), ho optato per un taxi prenotato direttamente tramite Booking con il servizio Rideways, comodo e puntuale (spendendo 18 € per due persone). Probabilmente prendendo un taxi in aeroporto avrei risparmiato qualche euro, ma vista l’ora di arrivo ho preferito trovare un mezzo già lì ad aspettarmi (e poi, vuoi mettere il piacere di uscire dall’aeroporto e trovare una persona con il tuo nome scritto su un foglio? 🙂 ).

Ho scelto per il mio soggiorno a Bogotà il quartiere della Candelaria, cuore pulsante di questa Capitale viva e circondata dalle Ande. È qui che si concentrano le principali attrazioni della città ed è considerato anche il quartiere più sicuro. È ormai notte quando esco dall’aeroporto, mi fiondo in ostello per una doccia e il meritato riposo.

Giorno 2 – alla scoperta di Bogotà
Mi sveglio per la prima volta in terra colombiana e parto alla scoperta di questa città. L’itinerario di 3 settimane in Colombia non poteva che partire dalla sua Capitale.
Plaza de Bolivar è il cuore pulsante della Candelaria, dalla quale muoversi per le vie del barrio e visitare le varie attrazioni.
Brulica di vita questo quartiere e, dopo aver acquistato una sim in uno dei tanti negozi della Claro (una delle maggiori compagnie telefoniche del Paese), mi dirigo nella Piazza principale. Qui, al centro, trova posto una statua di Simon Bolìvar, realizzata da un…italiano.

Sulla piazza si affacciano il Capitolio Nacional, sede del Parlamento ma chiuso al pubblico. Vi è anche il Palacio de Justicia e infine la Catedral Primada, la chiesa più grande di Bogotà, che occupa infatti un intero lato della Piazza. A breve distanza vi è l’imperdibile Museo di Botero (gratis!), dove ammirare tante opere del famoso artista colombiano ma anche di artisti del calibro di Dalì e Picasso.







A due passi dal museo potete ammirare la bellissima facciata del Santuario de Nuestra Senora de el Carmen. Pausa pranzo nell’ottimo “Capital cocina y cafè“, dove gustare ottimi piatti della cucina colombiana, spesso rivisitati. La mia zuppa di platano, manzo, avocado, riso e fagioli è una delizia per il palato!

Bogotà, affascinante città coloniale
Il pomeriggio è trascorso assistendo prima al cambio della guardia, alle ore 16, presso l’edificio presidenziale Casa de Narino; successivamente visito la Iglesia Museo de Santa Clara, trasformata in museo, con interni che lasciano senza fiato.

Prima di una meritata doccia, mi concedo una birra gelata nella Plazoleta del Chorro de Chevedo; è una piccola piazza, ritrovo di tanti giovani e artisti di strada. Qui troverete tantissimi murales.

In serata, per la cena, opto per l’ottimo ristorante “La bruja“, ideale anche per il dopocena. Due barmen bravissimi che propongono cocktail dagli abbinamenti apparentemente assurdi ma azzeccatissimi. La prima giornata a Bogotà è più che positiva, conquistato dallo spirito di questa città e dai tanti palazzi coloniali che vi si possono trovare.
Giorno 3 – Monserrate / Bogotà / trasferimento notturno
Il secondo giorno a Bogotà decido di visitare il Cerro de Monserrate, una vetta a 3.152 metri che svetta sulla città. Complice la fortunosa coincidenza di trovarmi in città di sabato, optiamo per una camminata per raggiungere la stazione di Monserrate. Questo tratto di strada, durante il mattino, è invaso dai fedeli che raggiungono la vetta per far visita alla chiesa posta in cima.
Durante la settimana pare sia preferibile raggiungere la stazione in bus o taxi; pare che il tratto di strada che la separa dal centro sembra non essere particolarmente sicuro. Da qui parte sia una teleferica che una funicolare che osservano orari differenti ma che comunque sono molto frequenti entrambe. Dalla cima della vetta (se il tempo lo permette) potrete ammirare tutta la città dall’alto.

Nel pomeriggio partecipo ad un graffiti tour con questi bravissimi ragazzi, interrotto dopo circa un’ora da un fortissimo temporale. La sera optiamo per una cena a base di hamburger, nell’ottimo locale “La Hamburgeseria“.
Dopo cena, sfruttando gli ottimi prezzi di Uber, raggiungo il terminal dei bus, da dove mi sposterò a sud, verso Neiva. Prossimo tappa: deserto del Tatacoa.
Il “mistero” di Uber
Un appunto riguardo Uber (queste informazioni risalgono a novembre 2018, è possibile che con il passare del tempo la situazione cambi). Pare che in Colombia (i paradossi, ahimè, non succedono solo in Italia) sia legale la piattaforma Uber ma non sia possibile lavorare per loro. Il motivo? Incomprensibile! Perché vi dico questo? Non sorprendetevi se proverete a chiamare un Uber mentre siete in un terminal dei bus e vi vedrete rifiutare la corsa 2-3 volte, o se l’autista che vi sta accompagnando proprio lì, vi chiederà la cortesia di scendere 2-300 metri prima, per evitargli di incrociare la polizia.
Il terminal dei Bus è un’ottima struttura, ben illuminata, presidiata dalla polizia (è ovunque e vi farà sentire tranquilli), con decine di compagnie di bus. Opto per la Cootranshuila, (la migliore compagnia utilizzata durante il mio viaggio) per via del comodo orario di arrivo a Neiva. L’idea di giungere in un anonimo paese alle 4 del mattino non mi alletta, così scelgo l’ultimo bus delle 00:30 che arriva a destinazione circa alle 6. (Prezzo di listino 55.000, riesco a “chiudere” per 45.000 Pesos a persona – provate sempre a trattare, anche sul prezzo degli autobus – ).
Piacevoli conoscenze
Qualche ora mi separa dalla partenza e faccio conoscenza con un americano. Sta girando il Sud America da diversi mesi ma, ahimè, è da due giorni fermo in quel terminal in attesa che il fratello lo raggiunga. Ha subito il furto di documenti e soldi ed è senza un centesimo! Mi pare sincero, è una persona ben vestita e non mi chiede soldi ma qualcosa da sgranocchiare. Come si fa a non essere solidali tra viaggiatori? Lascio a lui circa 20 euro in moneta locale con conseguenti ringraziamenti infiniti.
Il bus prescelto è a due piani, opto per quello superiore, trovando larghissime poltrone in pelle reclinabili. Viaggio notturno perfetto, nessun problema con il bagaglio; tutte le compagnie applicano un ticket con un numero sul vostro bagaglio, consegnandovi la ricevuta, necessaria per il ritiro).
Giorno 4 – Neiva / Villaveja / Tatacoa
Eccoci al 4° giorno di questo itinerario di 3 settimane in Colombia.
Arrivo a Neiva intorno alle 6, nel piccolo terminal dei Bus. Da qui partono dei pick-up trasformati in mezzi da trasporto; nella parte posteriore trovano posto due panche ed una copertura in nylon che portano a Villaveja prima e poi direttamente nel deserto del Tatacoa. Inutile dire che partono solo quando pieni, ma a quell’ora si riempiono in fretta perché tanti locali raggiungono appunto Villaveja. Cercate di reperire, tra i vari desk delle compagnie, gli orari dei bus del giorno successivo. Ricordo che solo una mi disse che vi era un bus per Armenia (prossima tappa, Valle del Cocora) il giorno successivo alle 9. Ovviamente non riuscirò a prenderlo.

Il viaggio da Neiva a Villaveja dura circa 60/75 minuti, più altri 20/30 per il deserto del Tatacoa. Date al vostro autista l’indirizzo del posto prescelto per alloggiare e vi accompagnerà direttamente lì.
Il deserto compare gradualmente, dopo una strada ricca di tornanti, dove la foresta tropicale lascia pian piano spazio a zone sempre più brulle; ad un certo punto noterete un’area soprannominata “laberintos del Cusco”, che vi proietterà direttamente su Marte! La sua terra color ocra, a circa 20 metri più in basso rispetto al livello stradale, è un’area vasta che con la particolare forma delle sue rocce vi conquisterà.

Nel bel mezzo del “deserto” colombiano
Giunti a destinazione ne approfitto per una rigenerante doccia e un giro nei dintorni. In fin dei conti siamo immersi nel deserto e i bei panorami non mancano. C’è da dire che il termine deserto non è proprio appropriato, in quanto si tratta in realtà di una foresta tropicale semi-arida; qui la siccità è causata dalle alte montagne che la circondano, che trattengono le precipitazioni. La quantità media annua è bassissima, tanto da fargli guadagnare appunto il nome di deserto.
Nei pressi del Laberintos de Cusco potete trovare un Osservatorio Astronomico. È aperto dalle 19 alle 22 ma il mio consiglio è di passarci o telefonare in anticipo, per avere informazioni riguardo le condizioni atmosferiche della serata. Nel mio caso la sfortuna ha voluto che beccassi una serata nuvolosa e l’Osservatorio fosse chiuso.











Il deserto del Tatacoa, con o senza Osservatorio, resta un luogo meraviglioso per l’osservazione della volta stellata, per via dello scarso inquinamento luminoso. Dopo aver cenato in ostello, mi concedo un sigaro steso sull’amaca e la tenacia mi premia: verso mezzanotte il cielo è sgombro di nubi e posso godermi il cielo puntellato di stelle.
Chiudo questa giornata con una precisazione: il deserto del Tatacoa a me è piaciuto molto. Vuoi per l’atmosfera rilassata, per i “laberintos” che mi hanno fatto credere di essere su un altro Pianeta, per il cielo stellato che solo in certi luoghi lontani dalla civiltà si possono ammirare. Se tornassi indietro probabilmente ripeterei questa esperienza, ma c’è un “ma”. Il consiglio che voglio dare è che se arrivate in questo Paese a Bogotà e nei vostri piani non vi è il sud della Colombia e/o Calì, vi consiglierei di valutare seriamente se includere o meno il deserto del Tatacoa. Questo perché è un po’ “fuori giro”; se vi basterà trascorrere una notte in pullman da Bogotà per raggiungere quest’area, non sarà così “semplice” quando deciderete di salire verso nord. Di questo vi parlo nel prossimo paragrafo.
Giorno 5 – Tatacoa – Salento … ma che faticaccia!
La sveglia suona presto e la giornata inizia alla grande grazie ad un omelette con “ceboja” che la signora Maria mi prepara con tanto amore. Un tuk tuk ci riporta a Villaveja dove, ahimè, devo attendere un bel po’ prima che un pick up trovato in piazza si riempia di locali per andare a Neiva. Risultato? Arrivo a Neiva in ritardo e non riesco a prendere l’unico pullman per Armenia. Perché Armenia? Perché insieme a Pereira sono i due paesi più vicini a Salento da tenere in considerazione se avete intenzione di visitare (e dovete, perché è imperdibile!) la valle del Cocora.
L’unica soluzione disponibile è quella di optare per un mini van; non ho altra scelta ma si rivelerà poco felice, per via dell’autista che ci impone per tutto il viaggio la sua musica preferita a tutto volume e che effettuerà diverse soste per sbrigare delle faccende personali. Partiamo intorno alle 9:30 e dopo pranzo, accostatosi sul ciglio della strada, il “simpatico” autista decide che è giunta ora di farci scendere: ci invita a salire su un pullman della stessa compagnia diretto ad Armenia, fatto fermare appositamente da lui dopo un contatto telefonico con l’autista di questo.
Arrivo ad Armenia a metà pomeriggio; qui, entrati nel Terminal dei Bus, attraversatelo tutto passando tra negozi e biglietterie e in fondo, uscendo attraverso la porta a destra, troverete un altro mini bus per Salento.
A bordo di quello che ha più l’impressione di essere più un vecchio scuolabus che non un mini van turistico, impiego circa 45 minuti per raggiungere Salento. Manca poco all’ora di cena e finalmente ce l’ho fatta!
Ricapitolando:
- -Deserto-Villaveja in tuk tuk;
- -Villaveja-Neiva con pick up;
- -Neiva-punto imprecisato in minivan;
- -Fino ad Armenia in pullman;
- -Armenia-Salento in scuolabus.
Capito ora perché vi dicevo di valutare seriamente se andare nel deserto del Tatacoa o meno?
Alloggio nell’ostello “Viajero Hostel“, scelto perché molto frequentato dai giovani e con un bar all’interno dove trascorrere il post cena. Dopo una sacrosanta doccia, vado a cena da “Donde Laurita“. Un ristorante colorato, a tratti pacchiano, molto votato al turista ma che propone i piatti tipici della cucina colombiana. Ottima scelta!
Giorno 6 – Finca del caffè
La Colombia è il terzo Paese produttore al Mondo di caffè e l’unico che produce solo ed esclusivamente la qualità arabica. La zona è piena di fincas che producono la gustosa bevanda e il mio consiglio è di visitarne una; qui potrete conoscere tutti i processi produttivi, dalla raccolta fino alla macinazione con annessa degustazione. Opto per la visita di una di queste a cavallo; tramite l’ostello prenoto un’escursione, dopo un abbondante colazione con vista mozzafiato!

Vi è la possibilità di scegliere fra diversi tipi di escursione: io ho scelto quella da sei ore che, oltre a permettervi di visitare una finca, vi condurrà presso una cascata. Ve la sconsiglio, sia per l’eccessiva lunghezza, sia per la poca bellezza della cascata, veramente molto piccola. Aggiungeteci che per più di metà percorso mi ha fatto compagnia un acquazzone e capirete perché non ho un bellissimo ricordo di questa giornata. Scegliete un’escursione di qualche ora che vi permetta di visitare soltanto una finca, con la dovuta calma.

La visita è molto interessante e grazie a Josè conosciamo le varie fasi di produzione del caffè. È un processo lungo e laborioso, che giustifica secondo me il costo di questo prodotto. Tutte le fincas danno la possibilità di acquistare delle confezioni di caffè. La mia giornata viene quasi interamente assorbita da questa escursione e dalla successiva asciugatura dei vestiti con il phon! 🙂
Uscite a comprare qualcosa per il pranzo al sacco del giorno dopo; l’unico posto per mangiare lo troverete alla Casa dei Colibrì, a prezzi maggiorati rispetto alla media e senza possibilità di scegliere, perché troverete solo il piatto del giorno.
Per cena mi reco nel meraviglioso ristorante Café Bernabé Gourmet“, dove si possono gustare piatti della cucina colombiana rivisitati in chiave moderna; resterà uno dei migliori ristornati in cui mi capiterà di cenare durante questo viaggio.
Nel post cena decido di ritornare in ostello, per gustarmi un cocktail nel bar interno. Una piacevole musica fa da sottofondo, insieme al vociare dei tanti ragazzi provenienti da ogni parte del Mondo. Sono in Colombia da pochi giorni e questo Paese mi sta lentamente conquistando; la sua gente, le sue città, i paesaggi, mi colpiscono positivamente. Salento è un grazioso paese coloratissimo, molto votato al turismo, che gode della fama della vicina Valle ; è un luogo unico al Mondo dove, quasi sempre circondate da nebbia perenne, crescono palme da cera alte fino a 60 metri, simbolo della Colombia. Vado a letto carico della giusta adrenalina, domattina mi aspetta la Valle del Cocora!
Giorno 7 – la Valle del Cocora
Per poter effettuare un’escursione nella Valle del Cocora vi serviranno, obbligatoriamente, degli stivali in gomma; mi vengono gratuitamente concessi dal mio ostello, uno dei tanti motivi per cui l’avevo scelto.
Tenete in conto questa fondamentale opzione quando sceglierete la vostra struttura a Salento; controllate se è specificato nella descrizione o contattatela prima di prenotare per sincerarvi della possibilità, gratuitamente o a pagamento, di ricevere dei comodi stivali in gomma.
Vestitevi a strati e portate con voi un K way o poncho.
Mi reco in piazza molto presto, poco prima delle 7, per cercare posto su una delle tante Jeep che fanno la spola da Salento all’ingresso della Valle. Nella piazza centrale del paese troverete un piccolo gabbiotto con orari e biglietti. Gli orari sono indicativi, perché comunque gli autisti aspettano di riempire il mezzo prima di partire. Il biglietto costa 8.000 Pesos A/R ( meno di 3 € ! ).
Un consiglio? Fate salire tutti e cercate di restare per ultimi: vi farete il viaggio in piedi aggrappati a dei maniglioni, fuori dalla Jeep. Una figata!

In breve raggiungiamo l’area parcheggio antistante l’ingresso del Parco; il percorso è piacevole, lungo una strada piena di tornanti, immersa nel verde.

All’ingresso del Parco troverete una mappa che vi indicherà i percorsi di trekking disponibili: il primo, sul lato sinistro del Parco, vi permetterà di costeggiare l’aerea con le palme da cera, tra panorami e vedute mozzafiato, fino a giungere in cima al rifugio Montana, dove fare una sosta per un rigenerante caffè [1-2].
Il secondo, sul lato destro, attraversa tutta la foresta e in cima si ricongiunge con il primo; il primo, anche se tutto in salita, è un sentiero sterrato e vi impegnerà per circa 1h 30’/2 h al massimo (solo per salire). Se deciderete di farli entrambi, calcolate almeno 6-7 h in totale. [4-3-2].
Le mie considerazioni in merito a questi due percorsi:
- Il sentiero a destra è molto più impegnativo di quello a sinistra; vi porterà nel cuore della foresta, tra ponti sospesi e tronchi sul fiume da attraversare (ma in totale sicurezza). La quasi totalità del percorso si divide da manto erboso ( e qualche escremento delle tante mucche e cavalli presenti ) nella prima parte e terreno fangoso nella restante porzione (per questo vi dicevo che sono essenziali gli stivali in gomma!).
- L’ideale sarebbe quello di fare il percorso ( per chi come me decide di percorrerlo nella sua interezza) in senso antiorario; affrontando prima la parte fangosa e lasciando, come “premio finale”, la meravigliosa visuale sulla valle con le palme, in tal caso tutta in discesa. Io l’ho effettuato in senso orario e mi sento di consigliarvi così. In questo caso la seconda parte (quella fangosa) la affronterete tutta in discesa e, a parer mio, sarà più semplice che farla in salita; è spesso scivolosa, mal che vada vi capiterà, scendendo, di finire con il sedere per terra).
Dal punto in cui verrete lasciati dalle jeep, dopo aver fatto il biglietto all’ingresso del Parco (4.000 Pesos, meno di 1,5 €), scegliete in quale verso iniziare il trekking. Se opterete per il giro in senso antiorario, cercate sulla destra un cancello blu, nei pressi di un laghetto per l’allevamento delle trote [4]. Se preferite iniziare con le palme da cera, troverete i cartelli che indicano il sentiero sterrato [1].
Che abbia inizio questa nuova avventura!
La Valle del Cocora è una zona umida e spesso avvolta dalle nubi; se non ammirerete le palme stagliarsi su un fondo azzurro, è pur vero che nuvole e nebbia che circondano l’area rendono l’atmosfera ancora più affascinante.
Il sentiero prosegue in salita (non eccessivamente faticosa se siete un minimo allenati), con tanti punti panoramici dove fermarsi per delle foto ricordo.





Arrivati in cima al Rifugio Montana [2], concedetevi una meritata pausa con un caldo caffè colombiano. Ora sta a voi decidere: tornare indietro dallo stesso percorso o proseguire? Se scegliete questa seconda opzione, dovrete riscendere per poche decine di metri dal Rifugio, fino a quando non vedrete un cancelletto che indica la casa dei colibrì; un luogo magico dove decine di colibrì stazionano, volando tra le loro casette, sempre ricche di acqua e cibo.
Inizia qui la lunga discesa; dopo un tratto tra la fitta vegetazione della foresta, potrete scegliere di raggiungere la Casa del Colibrì o continuare a scendere. Se optate per la prima, ricordatevi di dover tornare a questo punto per proseguire il trekking. Il percorso verso la Casa dei Colibrì è in salita e abbastanza impegnativo, ma ne varrà la pena arrivati fin lassù. Si paga un esiguo biglietto che comprende anche una bevanda; rilassatevi, riposatevi un po’ e ammirate i colibrì prima di rimettervi in cammino.
Il Percorso nella foresta è adrenalinico e complesso, vi terrà impegnati per diverse ore.

Giunti al termine di questo spettacolare trekking, non vi resta che ritornare al parcheggio e prendere la prima Jeep diretta a Salento.
Giunti in ostello mi concedo una meritata doccia calda (nonostante avessi effettuato il check-out al mattino, l’ostello mette a disposizione dei bagni in comune dove docciarsi e cambiarsi).




Un giro in centro per acquistare qualche souvenir e poi via verso il terminal del bus ( oddio, un parcheggio sterrato e nulla più ). Da qui parte alle 20 l’ultimo bus per Pereira, ma preferisco optare per quello delle 19 e non rischiare di non trovare posto nell’ultimo viaggio ( qui a Salento i bus sono molto piccoli).
In circa un’ora si raggiunge Pereira, da dove prendere un bus notturno per Medellin, prossima tappa di questo itinerario.
Il terminal di Pereira è molto più grande e ben attrezzato con negozietti e tavole calde. Ceno qui con un panino e prendo l’ultimo bus per Medellin, quello delle 23:45 con “Flota Ocidental”, per il solito motivo di non voler arrivare troppo presto in città.
In circa 7 ore sono a Medellin.
Giorno 8 – benvenuti nella città dell’Eterna Primavera!
Siamo nella città colombiana con il passato più tristemente noto; negli anni ’80, sotto la guida di Pablo Escobar, divenne la capitale mondiale del traffico della cocaina, registrando in quegli anni uno dei più elevati tassi di omicidi per abitante del Pianeta.
Dopo la sua uccisione Medellin è rinata ed oggi è una delle città più sicure del Paese. Giovane, moderna, modaiola, Medellìn è stata ribattezzata la “città dell’eterna primavera” per il suo clima mite tutto l’anno.
Scelgo la zona di El Poblado per alloggiare; è un quartiere residenziale, non lontano dal centro storico grazie all’efficiente rete di metropolitane di superficie; è la zona con la più movimentata vita notturna della città. Mi sembra un buon compromesso e la scelta si rivela infatti molto azzeccata.
Raggiungo l’hotel in taxi dal terminal del bus perché, anche qui, mi vedo rifiutare diverse volte la corsa dagli autisti di Uber (ne ho parlato nei primi paragrafi). Lascio lo zaino in hotel e mi dirigo verso il centro.






Qui merita una visita la “Plazoleta de las Esculturas”, che raccoglie 23 opere bronzee del noto Botero. Successivamente dedico qualche ora al Museo de Antioquia che si affaccia proprio nella piazza; è uno dei più interessanti del Paese e raccoglie, anche questo, diverse opere di Botero, tra cui il dipinto che raffigura l’uccisione di Escobar.
Se avete una bella giornata di sole, potreste visitare queste attrazioni nel pomeriggio e dedicare la mattinata alla visita del Parque Arvì. È un’area verde fuori dal centro dove rilassarsi o concedersi dei percorsi di trekking o in bicicletta (noleggiabili in loco).
Per raggiungerlo dal centro, scendete poco più a sud della “Piazza di Botero” e dalla fermata SAN ANTONIO della Linea A (BLU), prendete la metro con direzione NIQUÌA.
Scendete alla fermata ACEVEDO dove prenderete la Linea K (VERDE) verso SANTO DOMINGO. Qui scenderete per affrontare l’ultimo pezzo di percorso, il più bello: a bordo di una funivia da SANTO DOMINGO al Parc
Dedicate la prima parte della giornata a questo parco e tornate in città prima o dopo pranzo, per godervi il centro di Medellìn.

A cena scelgo un ristorante a due passi dall’hotel, nel quartiere Poblado: “l’Alambique“, un posto incantevole con una cucina sublime.
Giorno 9 – via verso Guatapè
Dopo una colazione in uno dei forni del quartiere, mi dirigo alla fermata della Linea A (BLU) della metro di superficie, che porta il nome del suo quartiere: POBLADO. Da lì, in direzione NIQUÌA, proseguo fino alla fermata CARIBE. Poche decine di metri mi separano dal Terminal del Norte dove prendere un bus per Guatapè, la tappa di oggi.
Una volta all’interno del Terminal, cercate lo sportello 14 dove campeggia, proprio sulla biglietteria, la dicitura “GUATAPÈ”. Con soli 14.000 Pesos (circa 4 €) avrete un biglietto di sola andata; il bus è già di per sé un’esperienza: variopinto, “vintage”, con tanto di madonnina posizionata tra i sedili dell’ultima fila.

In circa due ore sarete alla prima tappa della nostra giornata: El Peñon de Guatapè o Piedra del Peñol. Basta chiedere all’autista di fermarsi a “la Piedra” e vi lascerà nel parcheggio sottostante. Da lì, in breve, attraverso uno sterrato, raggiungerete la base del monolite.
Questa singolare collina monolitica di granito è, insieme al villaggio di Guatapè, l’attrazione di questa zona. Alta circa 200 metri, ha una larga fessura su un lato dove trova posto una scalinata con ben…659 mattoni!

Ovviamente dovrete pagare un biglietto ma il costo è esiguo : 18.000 Pesos.
Salire fino in cima non sarà proprio una passeggiata, soprattutto se vi capiterà di farlo in una giornata di sole, ma vi assicuro che una volta giunti in cima dimenticherete la faticaccia! Dalla cima (dove vi è un bar per ristorarsi e un negozietto di souvenir – ma non comprateli qui, meglio prenderli giù, alla base della collina – ) godrete di una vista pazzesca sul lago sottostante immerso nel verde.



Una volta riposati e affrontata la scalinata in discesa, ritornate al parcheggio, dove il bus da Medellìn vi aveva lasciati, e troverete dei tuk-tuk che per una modica cifra vi porteranno nel centro di Guatapè in pochi minuti.












Arrivati nella coloratissima cittadina, il mio personale consiglio è quello di recarsi subito dietro al porto per acquistare i biglietti di ritorno per Medellìn, onde evitare poi di non trovare posto. Guatapè è un villaggio molto grazioso che si visita in poco tempo, quindi calcolate 2-3 ore più eventuale pausa pranzo. Col senno di poi forse avrei valutato di trascorrere una notte qui, per godere dei ritmi lenti di questo paesino, soprattutto quando nel pomeriggio la maggior parte dei turisti ha fatto rientro a Medellìn.
Perdetevi tra le vie del centro per ammirare le tante case colorate, ponendo particolare attenzione alla parte più bassa dei prospetti, dove noterete veri e propri affreschi, mosaici e bassorilievi. Nel weekend la cittadina veste l’abito della festa, presa d’assalto dai colombiani ma, se potete, scegliete un giorno feriale per visitarla, per trovare un clima più tranquillo.
Nel pomeriggio in altre 2 ore ritorno a Medellìn, dove rilassarsi qualche ora in hotel.
Per la cena opto, stavolta, per qualcosa di turistico ma carino; con una breve passeggiata dal quartiere Poblado raggiungo una sorta di centro commerciale improntato sul food: decine di ristoranti e fast food, tra cui “Hacienda”, una ricostruzione di una piazza colombiana con camerieri in abiti tipici e piatti della cultura colombiana.
Nel dopo cena opto per uno dei tanti locali presenti nel Poblado, dove bere un cocktail o una birra gelata.
Giorno 10 – Comuna 13!
Aspettavo questa giornata da tempo: oggi visiterò la Comuna 13, un tempo uno dei quartieri più pericolosi al Mondo. Per anni diviso tra narcotrafficanti e FARC, ha vissuto anni terribili con centinaia di omicidi e rappresaglie, tenendo la sua popolazione in un continuo stato di terrore. Nel 2002 un raid governativo, che portò a decine di morti e diverse centinaia di desaparecidos, ripulì finalmente questo quartiere.

Successivamente vennero costruite diverse scale mobili sia per permettere agli abitanti di raggiungere più facilmente il centro città, sia ai turisti di visitarla muovendosi più rapidamente. Oggi è diventata una galleria a cielo aperto, dove writers locali e non hanno disegnato, e continuano a farlo, molte pareti della Comuna.
Il mio consiglio è quello di visitarlo con un’agenzia locale specializzata in questo genere di tour; questo perché vi guiderà attraverso il barrio, evitando di intraprendere qualche via non ancora totalmente sicura (ricordate, siete sempre dei gringos), sia perché vi permetterà di conoscere a fondo la storia della Comuna 13. Io mi sono affidato ai ragazzi Casa Kolacho, molto preparati e disponibili. Effettuano tour in lingua inglese o spagnola. Prenotate il tour qualche giorno prima, tramite la loro pagina FB o Whatsapp.
Raggiungere il punto di ritrovo è facile (chiedete sempre conferma a loro, ovviamente): dalla fermata della Linea A (BLU) POBLADO, prendere la Metro in direzione NIQUÌA e scendere a SAN ANTONIO; da qui cambiare linea prendendo la Linea B (ARANCIONE) in direzione SAN JAVIER e scendere proprio all’ultima fermata.
Street art, street art ovunque









Il tour vi impegnerà per qualche ora, fino all’ora di pranzo. Al termine del tour ho optato per un giro in funivia, partendo proprio da SAN JAVIER e utilizzando la Linea J (GIALLA), per effettuare un “sorvolo” sulla Comuna 13 e ammirare e conoscere meglio dall’alto questo agglomerato di case sulla collina.
Nel pomeriggio una sfortunata pioggia mi costringe a girovagare tra negozi e bar in cerca di riparo (al mattino ho già effettuato il check-out ed è proprio nella hall dell’hotel che trascorro le ultime ore). Nel tardo pomeriggio, con la Metro, mi sposto al Terminal del Norte, lo stesso usato per raggiungere Guatapè: da qui, con un autobus notturno raggiungerò la prossima tappa, Necoclì.
Dopo i primi 10 giorni di questo itinerario di 3 settimane in Colombia, è giunta l’ora di rilassarsi un po’.
Necoclì è uno dei punti di partenza per raggiungere via mare Sapzurro, un’amena località al confine con Panama. Sapzurro in realtà si trova sulla terraferma e si affaccia su un golfo nell’estremità a nord-ovest del Paese. Purtroppo non è raggiungibile via terra perché in quella porzione di Paese non vi sono strade ma solo una fitta foresta, ancora parzialmente in mano a narcotrafficanti e ribelli delle FARC. Non c’è interesse a costruire una strada sia per la difficoltà, sia appunto per la pericolosità dei luoghi.
Questa parte di Paese infatti è l’unico, dall’Alaska alla Patagonia, in cui si interrompe la Panamericana, la strada lunga oltre 27.000 km (la più lunga del Mondo) che unisce le Americhe da Nord a Sud. Pertanto, l’unico modo per raggiungere Sapzurro è in barca dalla costa opposta, partendo da Necoclì o Turbo.
La seconda, leggermente più a sud della prima, è una piccola e sporca cittadina (anche poco sicura, pare) che allunga il percorso in barca di almeno un’ora. Ho pertanto preferito partire dalla più tranquilla Necoclì, sia per abbreviare il trasferimento in barca, sia perché si raggiunge da Medellìn al mattino presto, poco prima della partenza per Sapzurro (mentre a Turbo si arriva nella notte – dovendo poi sostare diverse ore nel porto, al buio) .
Scelgo quindi il bus delle 19:45 che mi permette di arrivare a Necoclì per le 6, due ore prima della partenza dell’imbarcazione.
Il viaggio scorre tranquillo, talmente tanto che dormo come un ghiro e non mi accorgo della sosta forzata per una gomma bucata. 🙂
Giorno 11 – Necoclì-Sapzurro e poi…relax!
Nonostante lo stop alle 6 sono a Necoclì alla fermata del bus e in pochi minuti raggiunto il porto a bordo di un tuk-tuk.
NOTA IMPORTANTE: nel periodo in cui sono stato a Sapzurro, nel piccolo paesino non erano presenti Bancomat e Pos, quindi procuratevi del contante prima di partire (nel mio caso ho effettuato sia dei prelievi a Medellìn il giorno prima, sia a Necoclì, accompagnato in banca da un tuk-tuk prima di partire).
Arrivati al porto dirigetevi subito al punto di imbarco per assicurarvi i biglietti: non sono prenotabili online e l’unica imbarcazione che copre la tratta parte ogni mattina alle 8.
Qui oltre al biglietto per la traversata, parte un “balzello” di piccole tasse da pagare, ufficiali e non. Si pagano 2.600 Pesos al porto di Necoclì, più 2000 per acquistare uno spesso sacco nero per l’immondizia, all’interno del quale infilarci il proprio bagaglio; quest’ultimo viene stipato all’interno di un vano nell’imbarcazione ma potrebbe comunque bagnarsi lungo il tragitto ( quindi poco meno di 2 euro a testa ben spesi! – se non si strappa conservatela, vi spiegherò dopo il perché – ).
Alle 8 in punto parte il potente motoscafo, sul quale vi sembrerà di volare!
In due ore si raggiunge Capurganà, un paesino presente nella baia di Sapzurro. Altra tassa di soggiorno da pagare (2.000 Pesos) per Capurganà più altri 1.000 per Sapzurro. Da Capurganà a Sapzurro, in circa 10 minuti, verrete trasportati con delle bagnarole in legno.
Prima di lasciare il porticciolo a bordo di queste barchette, dirigetevi all’adiacente ufficio della compagnia di trasporto, per registrare il vostro giorno della ripartenza, in modo da avere il posto garantito per il ritorno. Lo riconoscerete subito perché ha lo stesso logo della compagnia che vi ha portato fin lì e che avete trovato al porto di Necoclì. Non spaventatevi se trarranno il vostro biglietto di andata e ritorno, perché registrano il vostro nome.
Raggiunta Sapzurro, mi dirigo presso l’ostello prescelto, prenotato dall’Italia e al quale ho già versato il 50% dell’importo. È di proprietà di 2 italiani trasferitisi nel frattempo a Medellìn ed era gestito da 2 ragazzi italiani all’epoca del mio soggiorno.
Molliamo li zaini e ci fiondiamo in spiaggia, per un rigenerante bagno nelle acque caraibiche colombiane, precisamente nella spiaggia di Cabo Tiburon.

La sera mi concedo ad un prezzo ridicolo le più buone arepas mangiate in Colombia: una coppia di giovani sposi con la loro bimba adorabile le prepara sul patio di casa e le serve a uno dei tavolini in plastica fronte mare.
Voi vi chiederete: cosa ha di così speciale Sapzurro da farti fare tanti spostamenti / “sacrifici”?
La risposta più onesta possibile è: niente. Altro non è che un minuscolo villaggio affacciato sul mare, dove trascorrere qualche giorno senza far nulla, se non godersi un po’ di vita da spiaggia. Pochissimi ristoranti, uno o due negozietti e un unico bar in quella che chiamare la piazza del paese è uno slancio di ottimismo.


Mi è piaciuto? Sì. Nonostante le giornate non proprio bellissime, sono stato bene. Da qui vi è la possibilità, tramite agenzia, di partire per una crociera in barca a vela per le isole di San Blas che sono nel territorio panamense. Ecco, questo non l’ho fatto e me ne pento amaramente( nel caso decidiate di farlo, bisogna tornare a Capurganà per farsi timbrare il passaporto in uscita dalla Colombia).
Giorno 12 – sconfiniamo a Panama!
Siamo all’incirca alla metà di questo itinerario di 3 settimane in Colombia e ancora ci aspettano tante emozioni.
In alternativa, potrete comunque sconfinare nel territorio panamense per un bagno sulla spiaggia di Playa Blanca. Dal “centro” di Sapzurro vi basterà seguire un sentiero (segnalato) e dopo una ripida scalinata che vi permetterà di scollinare dall’altro lato, eccovi in un nuovo Paese.
Portate con voi il passaporto (in cima alla collina c’è un posto di polizia colombiana che dovrebbe controllarvelo – ma io non ho trovato nessuno né all’andata né al ritorno – ) perché quando entrerete nel territorio panamense ci sarà da pagare una piccola tassa di soggiorno -te pareva-; non preoccupatevi, accettano i pesos colombiani, sia qui che nei ristorantini della spiaggia, dove mangiare del pesce fresco con i piedi nella sabbia.


Dopo una giornata di mare e un paio di birrette in “centro” a Sapzurro, ceno presso il ristorante “la Posada”, dove mangio della ceviche buonissima e del delizioso polpo in salsa. (Prenotate al mattino o la sera prima, lavora solo su ordinazione).
Chiudo la serata con un frappè all’ananas ( ovviamente “corretto” con la vodka ), seduto in spiaggia a guardar le stelle. Che dite, ne è valsa la pena?

Giorno 13 – ciao Sapzurro…
È ora di lasciare questo placido villaggio e continuare il mio on the road per la Colombia. Percorso a ritroso, tornando con una bagnarola a Capurganà (10.000 Pesos) prima delle 10, orario di ripartenza del potente motoscafo per Necoclì. Partiti con leggero ritardo, arriviamo a Necoclì per le 12:30 dove, a due passi dal porto, c’è un bus che porta a Cartagena, ma la nostra prossima sosta è a Tolù.
Non preoccupatevi di perderlo, il bus aspetta l’arrivo del motoscafo. In circa 5 h e con un prezzo di 70.000 Pesos raggiungiamo l’anonima Tolù, di fronte al mare dei Caraibi. È solo una tappa di passaggio in attesa di domani, quando mi sposterò nel meraviglioso Mar dei Caraibi.
A cena, su consiglio dei proprietari del nostro ostello, ceniamo presso il ristorante “la Atarraya”, dove gustare delle ottime empanadas di pesce.
Giorno 14 – isla Mucura, arrivo!
Come preannunciato, la sosta a Tolù era servita nell’attesa del giorno successivo, quando mi sposto in barca a Isla Mucura, per due giorni ulteriori di relax sulle spiagge caraibiche di questo Paese. A voler essere onesti, qui il mare è molto più bello che a Sapzurro, ma meno “wild”. Uno dei motivi principali però che mi ha spinto a spingermi fin qui, è l’escursione che effettuerò il giorno seguente.
Alle 8:30 sono al porto per prenotare un posto in barca nell’agenzia che trovate proprio di fronte. Con 40.000 Pesos (solo andata, poi vi spiegherò il perché di questa scelta) prendiamo posto sulla barca che ci porterà sull’isoletta.
Isla Mucura fa parte del piccolo arcipelago delle Islas de San Bernardo, molto più interessanti e meno conosciuti di quello più a nord, le Islas del Rosario. Con le loro acque cristalline, le vaste lagune di mangrovie e la sabbia finissima e bianca, sono un’oasi di pace e riposo.
Come ad Hong Kong
Lungo il tragitto, la barca effettua una breve sosta per permettere la visita di un isolotto con un curioso primato: essere uno dei posti più densamente abitati al Mondo!
L’isla de Santa Cruz, di appena 1200 mq, ospita circa un migliaio di abitanti.
Qui mi intrattengo qualche minuto con dei dolcissimi bambini.

Il viaggio riprende verso Isla Mucura, dove arriviamo ben prima di pranzo. Ho optato per un piccolo villaggio direttamente affacciato su una spiaggia finissima, in pensione completa, perché avevo voglia di coccolarmi due giorni (ogni tanto ci sta, dai 🙂 ). Vi è anche un ostello, economico e giovanile, dove ci sono stato dopo cena per un cocktail e un po’ di musica.
Lascio i bagagli in camera e via in spiaggia! Qui i cellulari non prendono (un bene direi), tranne nei pressi dell’hotel, dove è presente il wi-fi.
Giorno 15 – parola d’ordine: relax!


La giornata scorre lenta tra un bagno nelle acque cristalline dell’isola, una birra al bar del villaggio e ore stesi al sole. Il motivo principale per cui ho deciso di spingermi fin qui però è un altro; nel tardo pomeriggio effettuerò un’escursione che sognavo da tempo: il bagno in mare immerso nel plancton luminescente!
Un fenomeno del tutto naturale che vi lascerà a bocca aperta!
Con soli 30.000 Pesos (meno di 10 €! ) una barchetta ci conduce in una piccola baia di mangrovie. Qui ci tuffiamo nel mare, è buio pesto: basta iniziare a muovere braccia e gambe per vedere intorno a noi milioni di puntini luminescenti. È un’esperienza incredibile che consiglio a tutti di provare una volta nella vita!

Giorno 16 – si riparte: destinazione Cartagena

Per spostarsi da Isla Mucura ci sono fondamentalmente due soluzioni: la prima è ritornare a Tolù con la solita barchetta e da lì prendere un autobus che, in circa 3h ½ – 4 ti porta nella meravigliosa città colombiana; la seconda prevede un tratto di circa 3 h in motoscafo. Secondo voi quale ho scelto? Ovviamente la seconda.
Sull’isola si possono chiedere informazioni riguardo questo spostamento, che parte a poca distanza da Mucura, precisamente da “Casa en el agua”, una palafitta in mezzo al mare adibita ad ostello. Sì, avete capito bene. Si trova di fronte all’isola di Tintìpan, la più grande dell’arcipelago di San Bernardo. Se siete giovani modaioli e avete voglia di far festa, questa potrebbe essere una buona soluzione per un soggiorno tra queste isole.

La solita barchetta in legno per pochi spicci (meno di 50 cent. ) ci accompagna presso “l’ostello galleggiante” da dove, ogni giorno alle 12, parte un potente motoscafo per Cartagena. Il costo è di 100.000 Pesos (poco meno di 30 € – non proprio economico per gli standard colombiani – ) e vi permetterà di ridurre i tempi e gli sbattimenti per raggiungere Cartagena, regalandovi una “corsa” in mezzo all’oceano. Se avete conservato il sacco dell’immondizia usato per la tratta Necoclì – Sapzurro, riutilizzatelo.
Finalmente a Cartagena!
Giunto nel porto di Cartagena subito dopo pranzo (avevo con me dei panini preparati a colazione su la Isla Mucura), mi fiondo in ostello per depositare il mio bagaglio e inizio il giro della città.

La sua attrattiva principale è senza ombra di dubbio il centro storico, cinto da mura e formato da quartieri coloratissimi! El CentroSan Diego sono testimoni tangibili del passato coloniale della città, con chiese, palazzi, piazze e residenze signorili dai mille colori sgargianti, abbellite da balconi traboccanti di fiori. Oltre a visitare le principali attrazioni della città, perdetevi tra i dedali delle sue vie per ammirare queste bellissime costruzioni. Imperdibile al tramonto un aperitivo lungo le mura affacciate sul mare; il “Cafè del Mar”, arroccato sui bastioni della città vecchia, ha prezzi da turisti ma regala un tramonto mozzafiato.







Mancano 10 giorni circa a Natale e in città si respira un po’ ovunque aria natalizia.
Per la serata, scegliete tra uno dei tanti locali presenti nella città vecchia o subito fuori, nel quartiere Getsemani. Un classico intramontabile è il “Cafè Havana”, dove sorseggiare ottimi cocktails accompagnati da balli in salsa cubana.
Giorno 17 – si riparte, prossima meta Santa Marta
Anziché dedicare due giorni di fila a Cartagena ho preferito “spezzare” il soggiorno, in modo da non rischiare, per qualche intoppo, di perdermi l’ultima ma emozionante tappa di questo on the road in terra colombiana: il Parco de Tayrona. Qui a Cartagena lascerò il mio bagaglio per partire con uno zainetto e affrontare con “leggerezza” il trekking nel parco (ecco perché, in questo articolo, vi consiglio lo zaino richiudibile – proprio per queste occasioni – ).
Trascorro la mattinata in centro, alla ricerca di qualche souvenir diverso dal solito ( a Cartagena si trovano tantissimi negozi di artigianato locale, dove acquistare dei ricordini veramente di pregio e diversi dai soliti magneti riprodotti in serie ). Prima di pranzo parto, previa prenotazione del mio ostello, con “Bus Marsol” ( personalmente non ho avuto una bellissima esperienza, per via di oltre 2 h di ritardo nella partenza – ma sul web si trovano buone recensioni – ). In circa 4 h raggiungo Santa Marta, una città sul mare, avamposto perfetto per la visita del Parco Tayrona.
L’itinerario di 3 settimane in Colombia continua…
Effettuato il check-in, mi metto in cerca di un supermarket dove comprare l’occorrente per il pranzo al sacco del giorno successivo, ovviamente insieme ad una generosa scorta d’acqua.
Santa Marta non offre tantissimo ma le vie del centro sono graziose, con tanti locali e ristorantini dove trascorrere la serata. Incuriosito dalle recensioni mi fermo a cena da “Lulo”: prepara delle arepas in versione gourmet che mi renderanno felice della scelta fatta. Ve lo consiglio!

Giorno 18 – “into the wild”
Questa giornata è dedicata all’esplorazione prima e al relax poi, all’interno del Parco Tayrona. In questo articolo vi fornisco nel dettaglio tutte le informazioni e i consigli per affrontare al meglio questa giornata.
Qualche consiglio prima di partire:
- Partite con le scarpe da trekking/ginnastica e non solo con sandali e/o infradito, vi serviranno entrambi;
- Portate con voi ovviamente un costume da bagno e un telo mare;
- Se non ce l’avete, dotatevi di un buon repellente; io uso sempre questo ed è “invincibile”!
- Evitate di portare alcool con voi, soprattutto se in bottiglie di vetro: è severamente portare all’interno entrambi, ma forse optando per qualcosa in plastica ben “mimetizzata” nello zaino, potreste farcela ( non disperate, nelle aree camping troverete comunque la birra );
- Una torcia frontale o a mano è indispensabile, dopo una certa ora la sera staccano la corrente elettrica ( quindi anche un power bank sarebbe utile);
- Un lucchetto;
- Portate una giacchetta o felpa e dei pantaloni lunghi.
La mattina seguente la sveglia suona presto: per le 7 devo essere nei pressi del mercato centrale, da dove parte un bus che conduce proprio davanti all’ingresso del Parco Tayrona. Ne parte uno circa ogni mezzora ma, date le temperature, preferisco affrontare il trekking nel parco nelle prime ore della giornata ed evitare il solleone di mezzogiorno.



Giorno 20 – svegliato dall’alba colombiana
Un risveglio così, non capita tutti i giorni. I primi raggi del sole e il rumore delle onde mi svegliano; resto così, immobile, per almeno un’ora. Prima che il sole salga troppo, consumo una fugace colazione nel bar e mi metto in cammino per uscire dal parco.


Fuori dal parco opto per un bus che mi riporti a Cartagena, dove ho il mio bagaglio e dal quale ripartirò per l’Italia.
In circa 5 ore sono a Cartagena per l’ultima notte, a conclusione di questo itinerario di 3 settimane in Colombia.
Giorno 21 – ahimè, si riparte

Tutte le cose belle hanno un inizio e una fine; si conclude questo incredibile viaggio in terra colombiana, un Paese che mi ha stupito piacevolmente, conquistandomi.
Ho voluto improntare questo itinerario in maniera un po’ diversa, senza soffermarmi al solito elenco : vedi A, B, C e D.
Per quello ci sono le guide, ricche anche di informazioni storiche. Ho preferito impostarlo come un diario di viaggio in cui vi racconto esperienze e impressioni, arricchendo il tutto con consigli, trucchi, informazioni dettagliate, per rendere il vostro viaggio il più semplice possibile. Non avete più scuse: iniziate ad organizzare il vostro viaggio con questo itinerario di 3 settimane in Colombia!
Di seguito troverete un elenco dei posti un cui ho dormito con relativa recensione.
Buon viaggio!
Per trovare orari, nozioni storiche e quant’altro possa essere utile per pianificare al meglio il tuo itinerario di 3 settimane in Colombia, acquista una guida:
Cerca il tuo volo su Edreams:
Alloggi in cui ho soggiornato
- Bogotà – Explora Hostels : un buon ostello per backpacker, dotato anche di camere con bagno provato; ben posizionato nel quartiere Candelaria, a due passi dalla Plazoleta del Chorro de Chevedo, un ritrvo per giovani e artisti di strada, dove ammirare murales e bere qualcosa nel pomeriggio. Molto semplice e spartano, non eccessivamente caro.


- Deserto del Tatacoa – El Peñon de Constantino: nel deserto del Tatacoa la scelta per gli alloggi è molto ristretta; io che sono sempre molto attento al budget ho optato per questa struttura. È economica ma soprattutto molto spartana: ci sono dei bungalow ma io ho dormito in quella che sembrava una capanna, con il tetto in paglia.
- Salento – Viajero Hostel Salento: fa parte di una catena presente in diverse località colombiane; è una struttura molto spartana e un po’ vecchiotta, ma pulita. I suoi punti di forza?
– ambiente giovanile;
– bar dove bere qualcosa nel dopocena, con musica di sottofondo;
– disponibilità gratuita di stivali in gomma per la Valle del Cocora;
– l’area colazione, la stessa del bar, con una visuale pazzesca!
- Medellìn – Calle 10 Express Hotel: un moderno hotel con camere ampie, spaziose, moderne e pulite. La mia aveva addirittura la vasca idromassaggio in camera! Unico neo, non effettua servizio colazione. Ottimo rapporto qualità/prezzo.
- Sapzurro – La Gata Negra: Ostello immerso nel verde, è un oasi di pace. Quando ci sono stato io, a dire il vero, la struttura non era tenuta benissimo ( 4 notti, mai effettuate le pulizie, per dirne una).
I gestori dell’epoca sono rientrati in Italia; controllate le recensioni prima di valutarlo come alloggio, perchè la gestione è cambiata e sembra andare meglio oggi.
Nel 2018 non era presente su nessun portale di prenotazione, li contattai tramite la loro pagina FB.

- Tolù – Hotel Pizzeria Opera Tolú: struttura semplice e spartana ma pulita e accogliente, è gestita da un fiorentino trapiantato e la moglie colombiana. La sua pizzeria (nel caso sentiate la nostalgia della cucina italiana) gode di ottime recensioni.
Se arrivate a Tolù in bus, contattate precedentemente i gestori che provvederanno a mandarvi un moto-taxi a prendervi.
Molto economico.

- Mucura – Múcura Club Hotel: una sorta di villaggio all inclusive affacciato sul Mar dei Caraibi ( con tanto di spiaggia privata). Ottima la cucina e camere spaziose e pulite. Wi-fi presente all’interno della struttura e possibilità di pagare con il POS.


- Cartagena – Casa Bohemia Hotel: ben posizionato nel centro storico di Cartagena, è una buona struttura pulita e ben tenuta.

- Santa Marta: La Casa Del Farol Hotel Boutique by Xarm Hotels: struttura molto bella con camere a “tema”. Vicina al centro e al mercato da dove prendere il bus per il Parco di Tayrona. A poca distanza un fornito supermercato dove acquistare l’occorrente per il pranzo al sacco per il trekking nel Parco.

Qui puoi trovare alcune delle tante attività e tour che potresti fare in Colombia:
Fantastico articolo superdettagliato! Ottimo da seguire per progettare un itinerario in Colombia e iniziare già ad immergersi in questa variopinta terra! 🙂
Daniele, non ti sei fatto sfuggire nemmeno un particolare 😍.
Piacevole racconto per iniziare a sognare di essere già in Colombia, e tradurre il sogno in azione con i tuoi preziosi consigli.
Super!
Grazie Erika! <3
Buona strada <3
Il migliore articolo letto sulla Colombia, sei meglio di una lonely planet ! 💪