23/01/19
Sveglia presto, il viaggio in Laos zaino in spalla continua…
”Dura la vita del viaggiatore” penso, e rido, quando la sveglia delle 5:30 interrompe il mio sonno profondo.
Il mio viaggio in Laos zaino in spalla è ricco di impegni e, come mi ripeto sempre, “avrò tempo a casa per riposare”. Il tempo di una doccia veloce, un caffè solubile al volo e sono in strada che fuori è ancora notte fonda.
A poche centinaia di metri da me si tiene il Tak Bat, l’antico rito che prevede che i monaci, nel rispetto del voto di umiltà e povertà, circolino ogni mattina all’alba per le vie della città, dove accettano cibo in dono da cittadini caritatevoli.
Giunto sul punto mi aspetta niente di più di quello che già immaginavo, ma che comunque volevo vedere e testare con i miei occhi: decine di persone, molte delle quali turisti, sedute una a fianco all’altra, in attesa di donare del cibo ai monaci in arrivo, neanche fossero scimmiette allo zoo.
Piccola delusione ma non inaspettata
Ovviamente non potevano mancare i venditori di riso ( da offrire ai monaci) da appioppare ai turisti, che contribuiscono a rendere il tutto per niente affascinante e mistico. C’è chi (posso dire “come me? 😊 ) se ne sta in disparte, segue i monaci a distanza e chi invece, punta loro l’obiettivo della propria macchina fotografica in faccia, come si farebbe con un leone durante un safari.
L’unica cosa ancora rispettata è il silenzio. Regna sovrano e conferisce alla cerimonia almeno in parte il rispetto dovuto. Ho anche letto di esperienze che narrano di “spettacolino” tenuto in piedi per fini turistici ma, volendo essere un romantico del viaggio, voglio fare finta che non sia assolutamente vero.

Via, per una fantastica escursione!
Il sole è sorto da poco quando ci rechiamo a ritirare lo scooter che avevamo prenotato per il noleggio. Si parte: direzione cascate di Kuang Si, a 30 km a sud di Luang Prabang. Il percorso è piacevole, subito dopo aver lasciato la periferia. Fondo stradale in discrete condizioni, montagne con tanto verde a far da cornice. Ogni tanto si attraversano piccoli villaggi, si costeggiano fattorie e campi coltivati.

fatto con pezzi di carne cruda.
Con un’andatura da passeggiata senza fretta impieghiamo circa un’ora. Sono appena le 9 e siamo tra i primi ad arrivare: abbiamo pianificato bene il tutto. Lo spettacolo della prima piscina naturale che ci troviamo davanti, lo condividiamo in 3, forse 4 persone. È l’ultima di una serie di cascate a più livelli, che scorrono tra rocce calcaree, dando vita a queste piscine con un acqua di un turchese quasi imbarazzante.


Ogni livello merita di essere ammirato e immortalato, soprattutto il primo, il più alto. Una faticosa salita porta in cima alla cascata che si rileverà inutile. La visuale da lassù non è niente di indimenticabile (non si riescono neanche a vedere le varie piscine dall’alto). Potevamo arrivare fin qui e non concederci un rinfrescante bagno? È via con la foto di rito sotto la cascata.
È quasi ora di pranzo e non resistiamo al profumo del pesce arrosto che proviene da un chiosco subito fuori il parcheggio.

Sprazzi di autentico Laos

Sulla via del ritorno proviamo a perderci in qualche villaggio incontrato lungo il percorso; sprazzi di vita genuina, senza i riflettori del turismo, con bambini meravigliati dal passaggio di 2 “occidentali” proprio da queste parti. Strade sterrate e polvere qui sono la normalità e ci adattiamo subito. Il tempo sembra essersi fermato, pochi i mezzi a motore, si respira un’aria che profuma di passato.

Che lo spettacolo abbia inizio!
Nel pomeriggio ci attende lo spettacolo a teatro. La struttura è un po’ datata, ma si mantiene discretamente, come un’arzilla vecchietta che con rossetto e un po’ di trucco cerca di nascondere la sua età. Il pubblico è vario ma non numeroso, un mix tra stranieri e locali. Lo spettacolo inizia come da programma alle 18, con delle ragazze che aprono con un balletto, avvolti da meravigliosi vestiti della cultura laotiana, accompagnate da una musica quasi incantatrice, fatta di xilofono, tamburi e un imprecisato strumento a corda.
È l’ora degli attori: diversi personaggi si susseguono sul palco, indossando abiti e maschere incredibili. I loro movimenti sono leggiadri, sinuosi, volteggiano nell’aria leggeri. Le mani disegnano traiettorie che sembrano il volo di una farfalla, calamitando il nostro sguardo.
Ahimè non conosciamo la trama né i ruoli, né il reale significato di tutti quei movimenti che sostituiscono i dialoghi. Resta il fatto che si rivela un’esperienza interessante e affascinante.

Il Laos secondo Terzani
È giunta l’ora del congedo da questa rilassante città. Come diceva Tiziano Terzani in “Un indovino mi disse“, “il Laos non è un posto ma uno Stato d’animo, uno dei luoghi più romantici e quieti dell’Asia, uno degli ultimi rifugi del vecchio fascino d’Oriente“. Questa città in parte rappresenta questo romantico pensiero, ma ha comunque subito dei cambiamenti inevitabili, per via della presenza turistica che continua a crescere.
Molte ville lungo il Mekong sono diventate strutture ricettive, i mini van con vetri oscurati che scorrazzano turisti facoltosi e pigri, fuori e dentro la città, non si contano; il mercato notturno non è altro che una vetrina di souvenir, quasi sempre di scarsa fattura e prodotti in serie. Nonostante questo resta una città che conserva sprazzi di autenticità, in cui le giornate sono scandite da sole e luna, senza frenesia. Avremo sicuramente modo di vedere altri luoghi con un fascino meno immutato, che possano rispecchiare il Terzani pensiero. Non sarà sicuramente il caso della prossima meta, Vang Vieng.
24/01/19
Il viaggio in Laos zaino in spalla prosegue verso una nuova meta: Vang Vieng.
Anche oggi la sveglia suona implacabilmente prima dell’ alba. Alle 6 passerà a prenderci un mini van che ci porterà a Vang Vieng. Inizialmente avevamo optato per un bus locale in partenza dal terminal sud. Durata (e inaspettatamente prezzo) di gran lunga maggiore, ci ha fatto propendere per questa scelta decisamente più comoda e sbrigativa. Ci infiliamo nel mini van in orario, in perfetto stile Tetris. Siamo gli ultimi due, completando un gruppo, neanche a dirlo, multi etnico.
Il viaggio si alterna tra strade più o meno, o per niente, asfaltate; il paesaggio, complice una scenografica nebbia, ci regala tanta bellezza. Attraversiamo piccoli villaggi rurali, l’opposto del caos, seppur ordinato, di Luang Prabang da poco lasciata.
Quando serve un tuk tuk…non c’è!
Dopo circa 4 ore e mezza, raggiungiamo Vang Vieng, la città (che ribattezzerò) della polvere. È proprio lungo una strada polverosa, lunga 2 km, sotto un sole cocente, che ci incamminiamo per raggiungere il centro. Di un tuk tuk, neanche l’ombra. Finora ci hanno tartassato, accostandosi a noi, ripetendoci come una cantilena “tuk tuk, tuk tuk“. Ora che ne abbiamo bisogno, niente.
Luang Prabang e Vang Vieng, se non fosse per templi, architettura e fisionomia delle persone, sembrerebbero appartenere a due Paesi differenti. Placida e ordinata una, caotica e sporca l’altra, ben tenuta la prima e, appunto, polverosa la seconda. Qui girano tutti in motorino con mascherine o bandane ed è facile capire il perché.

Lasciamo gli zaini in ostello e ci guardiamo intorno alla ricerca di un posto dove mettere qualcosa sotto i denti. Il sole picchia e dopo pranzo, scatta la pennichella. Vang Vieng è attraversata anch’essa da un fiume, il Nam Song. È qui che ci gustiamo prima il volo delle mongolfiere sul fiume e, al calar del sole, ci concediamo un fresco e salutare mango shake, gustandoci i tanti ragazzi che, a bordo di canoe o ciambelle, ci scorrono davanti lungo il fiume.


Vang Vieng, capitale laotiana della trasgressione
Questa città era fino a pochi anni fa un luogo di trasgressione. Lungo il fiume si trovavano decine di bar con musica alta, dove gli avventori in ciambella si fermavano a consumare alcool e droghe. Dopo una serie ripetuta di decessi dovuta a incidenti spesso causati da questi eccessi, il Governo ha messo un freno a questa libertà, aumentando il controllo e chiudendo molti di questi bar senza licenza.
Vang Vieng ha cercato di reinventarsi con un turismo meno trasgressivo, avendo l’opportunità di offrire nei dintorni tante cose interessanti da vedere: villaggi, risaie, una dozzina di grotte e diverse lagune. Ed è proprio per questo motivo che ci troviamo qui. Contrattiamo il noleggio di uno scooter per domani e trascorriamo la serata in riva al fiume, sorseggiando una birra fresca.
Occhi aperti!
Un consiglio spassionato: molti ragazzini vengono dalla Corea del Sud in vacanza perché qui hanno la possibilità di fumare marjiuana “quasi” liberamente. State attenti a farlo per strada: girano spesso poliziotti in borghese a bordo di grosse moto e, se vi beccano, vi sequestrano il passaporto promettendovi di restituirvelo in cambio di 500 dollari. Non potrebbero, ma perché rischiare? 😉
25/01/18
Laos zaino in spalla … e scooter
Il sole picchia già alle 8, quando ci riversiamo in strada in cerca di un posto per fare colazione. Uova e bacon e la giornata parte alla grande!😆
Attraversiamo uno dei ponti che non incutono troppa sicurezza e ci dirigiamo fuori dalla città.

Siamo circondati da verdi montagne calcaree e la passeggiata è molto piacevole. Scegliamo uno dei tanti Belvedere posti in cima ad una di esse: che faticaccia! Con una temperatura già prossima ai 30° gradi, saliamo per circa mezz’ora immersi nel verde. Arriviamo in cima sfiniti e sudatissimi e, nonostante la foschia, ci aspetta una vista bellissima sulla vallata.

Laos lento lento…
Il viaggio in Laos zaino in spalla prosegue, passando dalle strade asfaltate a quelle in terra battuta. Sembra di essere catapultati in un altro mondo, di aver fatto un salto nel passato. E se il nostro scooter fosse una macchina del tempo? Villaggi con case in legno, anziane contadine con cesti in vimini, mucche libere che pascolano e attraversano la strada. E poi contadini con l’aratro trascinato faticosamente da un bue, bambini che giocano con un pallone improvvisato, donne al riparo dalla calura sotto un albero intente a vendere frutta e ortaggi sul ciglio della strada.



Questa parte di Laos è un inno alla lentezza, alla calma. Poche auto, tante motorette e bici. Nessun frastuono, niente smog ma, c’è da dirlo, tanta polvere. E noi abbiamo adottato subito delle contromisure:

Il rovescio della medaglia…
L’area è conosciuta anche per la presenza di diverse lagune di acqua sorgiva. Quella che si è meritata l’appellativo di Laguna Blu, è oramai una babele di giovani turisti chiassosi e armati di aste per i selfie. Decidiamo di optare per la Laguna Blu 3 (tutte le successive scoperte e pubblicizzate sono state “numerate”), ma con nessuna speranza che fosse più “wild” della prima, già per il semplice motivo che fosse consigliata dalla Lonely Planet (le guide, ahimè, hanno lati positivi e negativi).
Spinti fin qui, non ci sorprendiamo; non vi è effettivamente un nutrito numero di visitatori, ma è comunque diventata una sorta di “parco acquatico” con rampe, carrucole, bar e parcheggi tutt’intorno, con auto parcheggiate praticamente a ridosso. Questo è il prezzo che un luogo deve pagare quando diventa “turisticamente famoso”.
Alla ricerca di qualcosa di autentico
Preferiamo non fermarci e ripartire alla ricerca di qualcosa di più autentico. Ed è proprio in un piccolo “ristorante” (?), che troviamo lungo il tragitto, che respiriamo un po’ di Laos vero. Nessun cartello in inglese, né tanto meno lingua conosciuta dai proprietari, cercare di capire cosa mangiare è una vera impresa.
La fortuna ci aiuta, quando per caso dalla cucina escono due piatti destinati a due avventori locali. L’aspetto sembra buono e con l’intramontabile linguaggio dei segni, di cui noi italiani siamo maestri nel Mondo, riusciamo a far capire che vogliamo quei due. All’ombra di un gazebo improvvisato, gustiamo le nostre pietanze, ovviamente innaffiate da una fresca e rigenerante birra. Sta anche in queste piccole cose la bellezza di un viaggio; lasciare le proprie certezze per l’incerto, l’organizzazione per l’improvvisazione.

A casa nostra saremmo entrati in un qualsiasi ristorante e con facilità assoluta avremmo ordinato qualunque cosa. In questo viaggio in Laos zaino in spalla, on the road, senza tour organizzato, è capitato di doversi sbracciare per riuscire ad avere un piatto di pollo e riso. A voi non affascina questa cosa? A me da morire! Per digerire, mi godo una partita a biliardo tra ragazzini. In fin dei conti qui la fretta non esiste, no?

Rientro a Vang Vieng

Il pomeriggio prosegue con una visita a una delle tante grotte. Scegliamo una delle più famose e vicina alla città. Polvere, sole e fondo stradale sconnesso hanno reso la giornata molto impegnativa. Nessun “wow!” all’interno delle grotte, ne abbiamo viste sicuramente di più spettacolari.
Una meritatissima doccia ci aspetta! È tempo di riposarsi in vista del trasferimento di domani. Vientiane, la capitale, ci attende.
26/01/19
Con un mini van prenotato tramite l’hotel, in poco più di tre ore raggiungiamo Vientiane, la capitale. Lasciati i nostri bagagli in hotel e optiamo per il noleggio di uno scooter, in modo da sfruttare al meglio questa giornata che dedicheremo alla città. Non si fregia del titolo di metropoli, è una città come tante che si distingue dalle altre per via dei tanti palazzi governativi. Anche qui si respira aria di autentica vita laotiana, tra tuk tuk, taxi e senza orde di turisti che prendono d’assalto i monumenti e i luoghi più famosi.
Il COPE e il passato poco conosciuto del Laos
Prima tappa del nostro tour il COPE, un centro per le protesi che cerca di garantire un arto nuovo a tutte quelle persone mutilate a causa dei tanti ordigni inesplosi che si trovano nei campi. L’opinione pubblica poco conosce la storia del Laos, considerato il Paese più bombardato della storia; tra il 1964 e il 1973, durante la guerra in Vietnam, vennero sganciate sul Paese oltre due milioni di tonnellate di ordigni esplosivi, per contrastare l’avanzata dei comunisti laotiani contro la monarchia a favore del socialismo. Il 30% degli ordigni rimasero inesplosi e, ancora oggi, continuano a mietere vittime. Negli anni un’importante opera di bonifica è stata avviata, ma il percorso è ancora lungo e sempre nuove persone restano vittime di queste esplosioni. Siamo sfortunati perché, essendo sabato pomeriggio, il centro è chiuso e riaprirà solo lunedì.
No, non siamo a Parigi

Ci spostiamo lungo l’arteria principale della città dove troviamo il Patuxai, il “Monumento alla Vittoria”, dedicato a tutti i caduti in guerra laotiani. Richiama molto l’Arco di Trionfo di Parigi, al quale si ispira, e la sua sagoma si specchia in una fontana dell’adiacente parco. È un’area dove la gente viene a passeggiare e rilassarsi.
La tappa successiva è l’imperdibile Pha That Luang, uno Stupa dorato che rappresenta sia la religione buddhista che la sovranità del Laos, rendendolo il monumento più importante del Paese. Nella stessa area è presente un’enorme statua di un Buddha disteso. L’area è molto interessante e visitabile pagando appena 1 euro.




27/01/19
Si parte di nuovo, il viaggio in Laos zaino in spalla continua…
La seconda settimana inizia con un espresso da dimenticare e un mini van che ci porta al terminal sud di Vientiane. Qui ad attenderci un bus che, definirei in uno sprazzo di ottimismo, pittoresco. Colore appariscente, gli anni trascorsi sulla strada che si vedono tutti, delle tendine ricamate ai finestrini che neanche mia nonna aveva alle finestre.


Con il solito sorriso paziente saliamo a bordo. I sedili non sono proprio scomodissimi e li apprezzerò soprattutto da metà viaggio in poi, quando mi troverò fianco a fianco con dei locali seduti in mezzo al corridoio su dei sgabelli di plastica che non hanno proprio l’aria di essere confortevoli. Sei ore e mezza attraverso l’hinterland laotiano, con un asfalto decisamente migliore dei giorni precedenti. La nostra schiena ringrazia.
Il “loop” ci attende…
Raggiungiamo Thakhek e inizia la solita trattativa serrata con i tuk tuk; credevo di essere diventato cintura nera di contrattazione ma stavolta vincono loro.

Giungiamo in centro con un pensiero fisso: trovare due scooter disponibili per il tour di domani. Quello che sembrava essere un’impresa facile si rivela molto più ardua del previsto. Molti noleggiatori non hanno scooter disponibili e iniziamo a rimbalzare da uno all’altro, fino a quando non otteniamo ciò che volevamo, forse superiore alle nostre aspettative.
Due scooter 125 nuovi di zecca. Ah, senza targhe. Ci spiegano che qui, una volta acquistata un auto o una moto, passano all’incirca due mesi fino a quando verranno consegnate le targhe da parte della polizia. Quindi se domani facessi uno scippo potrei passarla liscia. Ma non sono il tipo e archivio all’istante il malsano pensiero.

Thakhek offre veramente poco, o nulla, essendo utilizzata esclusivamente come base di partenza per il “loop”. È così denominato un percorso circolare che parte e termina qui, attraverso una zona molto wild del Paese. Cena, una passeggiata e via a nanna; anche se abbiamo trascorso buona parte della giornata seduti, la stanchezza si fa sentire. Sarà colpa della noia.
Il viaggio in Laos zaino in spalla continua nella 3ª parte…