28/01/19
Pronti per una nuova fantastica esperienza!
Come ogni mattina oramai suona la sveglia. Stavolta ha un suono ancora più dolce, non come certe mattine in cui vorresti spegnerla e girarti dall’altra parte. Stamattina si parte per il Loop, una delle esperienze più interessanti di questo viaggio in Laos zaino in spalla. Un tiepido sole ci dà il buongiorno, lo zaino è pronto, si può partire, non prima di aver fatto una ricca colazione occidentale. Un particolare mi strappa una risata di gusto già di primo mattino: noto dei vecchietti seguire con attenzione dei lavori stradali. Tutto il Mondo è paese! 🙂

In sella!

In breve tempo ci troviamo fuori dalla città. Montagne carsiche ci accompagnano sia a destra che a sinistra, timidi raggi di sole si infilano tra loro generando un piacevole gioco di luci. Lungo il percorso della prima giornata, ci attendono grotte, lagune, risaie e minuscoli villaggi. Niente male eh? 120 km ci aspettano fino all’ultima tappa di oggi. La giornata scorre piacevolmente tra una sosta per le foto, una deviazione per ammirare qualche laguna. In una di queste incontriamo dei bambini intenti a fare il bagno.

Laos zaino in spalla e due ruote nella parte più autentica
Ogni tanto si attraversa qualche agglomerato di case che chiamarlo paese mi fa credere di vivere in una metropoli al confronto. Case in legno, senza infissi, con una tenda a “protezione” che poco può fare contro la polvere che costantemente solleva ogni Tir che sfreccia da queste parti.

Bambini che giocano scalzi, che simulano una spada con un pezzo di legno. Sorridenti però, ignari della condizione in cui vivono e soprattutto delle condizioni agiate in cui si trovano i nostri bambini. Vi immaginate uno di loro lasciato libero di fare quello che vuole in uno dei nostri caldi soggiorni, di quelli che hanno più giocattoli per terra che metri quadri? Guardo loro e penso a mio nipote, a quanto è fortunato. Bagnetto, pannetto, giochi di ogni forma e colore, vestitini sempre nuovi e profumati. In fin dei conti quello che tutti dovremmo capire è che non ci sono umani di serie A e B, persone che meritano di vivere in una società agiata e altri che devono restarne fuori. Esistono semplicemente persone fortunate e non.


Un’infinita distesa verde attira la mia attenzione. Svolto e destra e mi tuffo tra risaie infinite. Un contadino con il tipico cappello a cono completa la foto da cartolina.

Il viaggio prosegue, taglio l’aria con il mio scooter, rendendo ancora più vivo il senso di libertà che mi sta regalando questa giornata. L’ultima parte del percorso è surreale: un’enorme area dove l’esondazione di un fiume, a seguito della costruzione di una diga, ha creato centinaia di laghetti artificiali, nei quali svettano verso l’alto quel che resta degli alberi che popolavano la zona. Centinaia, migliaia di fusti secchi che rendono questi luoghi unici.

Prima tappa, stop in un piccolo villaggio
È giunta l’ora di concludere questa prima tappa, in un paese che riesco difficilmente a trovare anche su Google Maps. La fortuna sta dalla mia parte: nel gironzolare nel villaggio alla ricerca della guest house dove dormiremo, mi imbatto in un improvvisato campo di calcetto. Un viaggio qui in Laos zaino in spalla è anche questo, incontri fortuiti.
Rami legati tra loro fanno da porta, qualche maglia da calciatore si nota tra i ragazzi, ma di scarpe da calcetto neanche l’ombra. Chi scalzo, chi con gli infradito, i più fortunati con un paio di scarpe qualsiasi. Il portiere con i guanti? No, con due saldali al loro posto e i piedi nudi. Talvolta la polvere che si alza ti fa perdere di vista i compagni. Ma ridono, si divertono ugualmente. Stanno giocando, e a loro questo basta.

Dopo l’ennesimo tramonto bellissimo, la serata si conclude davanti ad un falò, con ragazzi provenienti da ogni angolo del globo ( ma i francesi sono sempre in maggioranza). Una birra, un barbecue, in fin dei conti basta poco per essere felici.
Questo viaggio in Laos zaino in spalla continua a regalarmi bellissimi momenti.


29/01/19
Si riparte!
Conoscete un gallo che non anticipi l’alba? Io no, prima di stamattina. Ormai sveglio lascio il letto per una piacevole alba. Un tiepido sole mi fa compagnia durante una rigenerante colazione in giardino e sono pronto per una nuova giornata. Altri 160 km mi separano dalla fine della seconda tappa. La seconda giornata del loop non prevede grandi attrazioni lungo il percorso, ma è lo stesso a rendere il viaggio bellissimo. Si riparte dai laghetti artificiali con i tronchi secchi, che di prima mattina, con un cielo azzurro da cartolina a riflettersi, sono tutta un’altra cosa.

Per qualche decina di km il percorso è un continuo susseguirsi di curve tra i monti, che rendono la guida elettrizzante e piacevole. Di tanto in tanto si attraversa qualche piccolo agglomerato di case che, avendo anche un cartello ( in laotiano ovviamente) all’ingresso, gli conferisce addirittura l’appellativo di Comune. Piccolissime realtà, dove si può notare qualche casa, un paio di negozietti che vendono dal pane alle sigarette, per passare dalla benzina sfusa agli attrezzi per i campi. Né una farmacia, né una scuola, nulla.

Eppure la vita sembra svolgersi naturalmente. Chi cura l’orto, chi seduto fuori dal negozio attende speranzoso dei clienti, bambini che giocano rincorrendosi e alzando l’immancabile nuvola di polvere. A noi, stranieri, ci riconoscono da lontano: scooter nuovi fiammanti, zaini in spalla e, nonostante casco e bandana nascondono il nostro volto dalle fisionomie occidentali, ci individuano facilmente.
Molti bambini ci salutano festanti, talvolta seguiti dagli adulti. Qualche anziana signora ci sorride, non vergognandosi di mettere in mostra il suo sorriso non proprio da pubblicità della Mentadent. Non mancano mai i soliti scooter o motorette trasformati e adibiti al trasporto di qualsiasi cosa.

Lungo il percorso ci fermiamo in un paio di Belvedere per ammirare qualche vallata dall’alto. Prima di pranzo effettuiamo una leggera deviazione per raggiungere una laguna naturale, da sempre, pare, luogo di divertimento per bambini del posto. Dopo l’ennesima strada polverosa, ci ritroviamo di fronte a quest’oasi di pace: una piccola laguna dall’acqua limpidissima, tutta circondata da alberi che regalano un po’ di frescura vista l’ora.

Cinque o sei bambini sono seduti su di una roccia dalla quale effettuano tuffi a ripetizione; mi siedo ad ammirarli e sorrido, di gusto. Penso a loro che vivono in un minuscolo e sperduto villaggio, polveroso e con pochi comfort, ma almeno hanno questa piccola fortuna, un’oasi dove divertirsi. Non so quanti e quali tipi di giocattoli posseggano, se hanno idea di cosa possa essere una consolle per videogiochi, ma di sicuro hanno qualcosa di più sano con il quale divertirsi. Non è tutto, ma è già qualcosa. Chissà cosa avrà detto il più grande a tutti gli altri, visto che ridono così di gusto. Sono felici, e io con loro e per loro.

Dopo una sosta per la meritata pausa pranzo, il viaggio riprende per gli ultimi 40 km. Sono ancora le 14, siamo in anticipo sulla tabella di marcia, ci possiamo permettere di percorrerli senza fretta, per goderci quest’altro scorcio di vita rurale. Scegliamo una guesthouse a 800 metri dall’obiettivo di domani. Il patìo fuori dalla nostra camera ci permette di oziare qualche ora all’aria aperta. Qui non c’è nulla da fare ed è proprio questo che ci vogliamo concedere stasera.
30/01/19
Ultima tappa, la più attesa di questo loop e forse di tutto questo Laos zaino in spalla
330 km in due giorni per essere qui stamattina, la ciliegina su di una torta chiamata Loop di Thakhek: la grotta di Konglor. Sveglia alle 7, colazione e via verso l’ingresso. Attraversato un boschetto ci ritroviamo davanti ad un’altra splendida laguna, circondata dal bosco, con alle sue spalle l’ingresso nelle viscere della montagna. Un simpatico laotiano di mezza età ci chiede di seguirlo alla barchetta. Sono carico come una molla, ho grandi aspettative e so che non resterò deluso.



Torcia in testa, si parte. La minuscola e affusolata barchetta si muove tra le placide acque di questo fiume sotterraneo. Ci aspettano 7 km circa nel buio più pesto, all’interno di questa enorme cavità, che passa dai pochi metri di altezza a quelli di una cattedrale in maniera repentina, più volte durante il percorso. Dopo poco, l’unica sosta prevista: la barca attracca ad una sorta di spiaggetta, scendiamo e restiamo a bocca aperta. Una foresta di stalattiti e stalagmiti, tanti uniti tra loro dopo secoli di gocciolamento, illuminati ad arte.

La natura sa sempre entusiasmarti, soprattutto laddove la mano distruttiva dell’uomo non interviene, o ancor meglio lo fa in maniera conservatrice. Siamo stati i primi a partire in barca e abbiamo la fortuna di goderci questo spettacolo da soli. Si risale in barca e il viaggio continua; la grotta non è umida, fredda e popolata da pipistrelli. Con questi presupposti potrei navigare per ore.
Dopo circa 50 minuti dalla partenza, subito dopo una curva (come se Madre Natura lo avesse fatto apposta per rendere il tutto ancora più suggestivo), vediamo la luce. Un’altra grande apertura ci riporta all’esterno, in una nuova e altrettanto affascinante laguna. Una breve sosta per un caffè e si ritorna indietro, non prima di aver conosciuto uno splendido bambino, ripercorrendo lo stesso tragitto che mi emoziona nuovamente.

Conserverò il ricordo di questa escursione come una delle esperienze più belle vissute in Laos.
Il tempo di raccogliere i nostri zaini e si riparte per Thakhek. Lungo il percorso non c’è nulla di interessante da vedere e lo prendiamo pertanto come un viaggio di rientro. 200 km, interrotti da qualche sosta, per raggiungere di nuovo Thakhek.
Dopo 530 km, a poche centinaia di metri dall’agenzia dove dovremo riconsegnare lo scooter, ci ferma la polizia. È risaputo che qui i poliziotti siano corrotti, cerchino di “arrotondare” lo stipendio spillando soldi ai turisti. Non è un caso che abbiano scelto proprio noi come prede, che siamo tra i pochi a guidare con il casco in testa, da soli e non in 3 o 4. Qualche battutina ma tutto finisce con un “grazie e arrivederci”. Ci riposiamo in attesa di un’altra fatica: il bus notturno per Pakse.
31/01/19
Che Dio ce la mandi buona! 🙂
La notte sembra rallentare vistosamente la sua corsa quando non la si trascorre in un comodo letto ma su un sedile di un bus. Il potere magico del tempo. Corre come una gazzella nei momenti felici e spensierati, procede come un bradipo in quelli noiosi o pesanti.
L’ho chiamato bus vero? Vabbè, era per dire. Il mezzo nasce come bus ma, le esigenze e la fantasia dei laotiani, l’hanno trasformato in un “mezzo adibito al trasporto di qualsiasi cosa pagante o che abbia un valore”. Per fortuna (almeno stavolta) ci hanno risparmiato di condividere il viaggio con qualche maialetto o gallo “fuori fase” laotiano. Ma per il resto, oltre ai tanti locali, sul bus si trova di tutto.

Di tutto, di più…
Casse di pomodori, sgabelli, sacchi dall’imprecisato contenuto e così via. La parte posteriore del bus, il tetto e buona parte del vano bagagli sono adibiti al trasporto merci, il resto gentilmente concesso agli umani. Chi ha avuto l’infelice idea di scegliere i posti posteriori, dovrà tirar fuori doti da giocoliere per potersi muovere sulle scatole in polistirolo che occupano parte del corridoio. È il primo viaggio notturno in Laos, speriamo vada tutto bene.😅

L’accoglienza a bordo non è proprio da Bus Granturismo VIP, diciamo. Il pullman viene dalla capitale Vientiane e viaggia già da diverse ore (credo 6 o 7); il corridoio è un tappeto fatto di bottiglie, qualche sacchetto in plastica, numerose bucce di mandarino. Siamo i primi turisti a salire a bordo, sono tutti locali. Ecco, ora mi chiedo: perché? Posso capire che diverse ragioni sociali non vi mettano nelle giuste condizioni, ad esempio, di comprendere e mettere in atto una raccolta differenziata, giusto per citarne una. Ma questo, ahimè, succede ancora anche in Italia.
Perché…
Ma quello che proprio non riesco a capire, è cosa possa portare una persona a riempire di immondizia uno spazio ristretto quale il corridoio di un bus dove, tu stesso, dovrai trascorrervi tante ore. Ignoranza, mancanza di senso civico, di amor proprio, basso livello culturale? Non essendo questa la sede per analizzare tali problematiche, mi accomodo con un mix di sensazioni: dalla risata allo sconforto, dalla pazienza al “ma vaffan**lo”.
Bene o male, la nottata passa…
Un viaggio in Laos zaino in spalla è anche questo
Il viaggio, tra una sosta per caricare i pomodori e una per scaricare qualche laotiano fuori fermata, trascorre tutto sommato abbastanza bene. Riesco addirittura a dormire! Sono le 5:30 quando raggiungiamo finalmente Pakse. Scendiamo dal bus insieme a pochi altri turisti “coraggiosi” presenti. Dopo un’ora e mezza d’attesa al terminal, con 3 di loro condivideremo il tragitto fino al centro.
Sono Nicholas, finlandese, che viaggia con Frederich, olandese, conosciuto in Vietnam. Poi c’è Mark, danese, viaggiatore solitario da svariati mesi e senza biglietto di ritorno. Davanti ad una ricca colazione ci scambiamo le nostre impressioni sul Laos, ma su un po’ tutto il sud-est Asiatico. Noi siamo i “vacanzieri” in confronto, quelli da “solo 17 giorni”. L’area indocinese è piena di viaggiatori a lungo termine o senza scadenza; ne abbiamo conosciuti diversi in questi giorni. Riuscirei a farlo? Assolutamente sì, forse non in questa fetta di Mondo.
E non è finita…
Altre due ore di attesa ci separano dal mini van che, in “appena” due ore e mezza, ci condurrà a Ban Nakasan, da dove con un battello raggiungeremo una delle famose 4.000 isole. Neanche fossero atolli maldiviani!
Si tratta invece, “ahimè”, del delta del Mekong, che qui raggiunge la sua massima lunghezza, circa 14 km. Durante la stagione secca (quella in cui ci sono io), le isole ”aumentano,” perché ne affiorano a centinaia. Passando dalle più grandi, abitate, alle più piccole, anche minuscole, se ne contano davvero a migliaia.

Qui si è trasferito buona parte del turismo hippie che si poteva trovare fino a qualche anno fa a Vang Vieng, ma con molti meno eccessi. La vita scorre lenta, tra una passeggiata in bici, una birra in compagnia dei nostri nuovi amici, un tramonto goduto da un’amaca di qualche guesthouse. Ed è proprio così che decidiamo di trascorrere i nostri 2 giorni e mezzo qui. Basta polvere, sveglie all’alba. Ci vuole un po’ di riposo a fine viaggio. E anche qualche tuffo in piscina. 😉
03/01/19
Salutiamo l’isola di Don Det che ci ha accolto in questi giorni, per lasciare definitivamente il Paese. Questo viaggio in Laos zaino in spalla volge al termine. Non sarà mica facile: il viaggio inizia alle 11 del 03 marzo, per finire alle 5:30 del 04, passando per una barca, un minibus, un mini van, un pullman ed un tuk tuk, per arrivare a Bangkok, in Thailandia, da dove ripartiremo per l’Italia.
04/01/19
Ritorno in Thailandia, da dove questo viaggio in Laos zaino in spalla era iniziato
Bangkok mi accoglie con la sua solita afa sopprimente, insopportabile. Per fortuna sono le 5:30 e il traffico non è ancora impazzito. Per chi c’è già stato (come me, 4 anni fa), sa di cosa parlo. Bangkok è il “fulcro” del sud-est Asiatico, crocevia per milioni di backpackers e turisti. Bangkok è sporca, afosa, inquinata, caotica, a tratti maleodorante. Ma è Bangkok e ha il suo fascino immutabile.
L’ultima giornata la dedichiamo a qualche attrattiva non vista nella prima visita del 2015, ad un rigenerante massaggio thai, ad un rigenerante fresco succo di melograno (lo ammetto, l’ho scoperto proprio qui 5 anni fa) e all’acquisto di qualche ricordino. La giornata vola in fretta e arriva l’ora di raggiungere l’aeroporto.

Piacevole scoperta
Potessi riassumere questo viaggio con un breve aneddoto, userei senza dubbio questo.
Al telefono con mia madre, durante il viaggio:
-Dove vai domani?
-Ci spostiamo nella capitale, Vientiane.
-Mai sentita…
-Mà, neanche io prima di partire 😂
In questo scambio di battute si racchiude quella che era la mia conoscenza sul Laos, 15 giorni prima di partire.
Sapevo dove si posiziona geograficamente, che non ha sbocchi sul mare, che non è stato ancora invaso dal turismo di massa. Sapevo poco o quasi nient’altro. Per me, che amo pianificare a lungo i miei viaggi, organizzarlo in due settimane è stata una sfida stimolante. Mi ha accolto tra le acque del Mekong, mi ha portato tra cittadine con la propria storia, villaggi rurali, tanta natura fatta di foreste, grotte, cascate. Non avevo grandissime aspettative ma sono rimasto piacevolmente sorpreso da quello che ha saputo donarmi.
“Sabaidee” Laos
Ho toccato con mano come vivono persone povere ma dignitose (in 20 giorni ho visto UN solo mendicante), ho esplorato una grotta e il suo fiume sotterraneo tra le viscere della montagna, ho mangiato tanta polvere, ho visto templi bellissimi, abiti meravigliosi durante uno spettacolo teatrale. Ho “combattuto” con gli autisti di tuk tuk, ho percorso centinaia di km in scooter, ho riassaggiato il cibo asiatico, ho visto bambini giocare felici a calcio a piedi nudi, ho ammirato cascate turchesi, ho apprezzato sorrisi. Ah, mi sono incantato davanti a tantissimi tramonti infuocati, come poche altre volte mi è successo.

Ed è con una delle tante foto del sole che saluta il giorno che concludo questo diario di un viaggio in Laos zaino in spalla conservando, nell’album dei ricordi, l’ennesima, bellissima, esperienza. Sabaidee ❤