Cuba, un’esplosione di colori, suoni e sorrisi
Cuba, racconti di viaggio nella isla di Fidel che si possono riassumere nella descrizione di un ragazzo a l’Havana: l’isola è “non il Paese migliore del Mondo, ma di sicuro il migliore per me. Non c’è molto lavoro, non abbiamo ricchezze ma siamo felici. È un Paese senza delinquenza, sempre sorridente e danzante”. E glielo sentivo dire con orgoglio, con un pugno che fieramente si colpiva il petto, all’altezza del cuore.

Tante, da farci l’abitudine dopo qualche giorno.
Tutto ciò lo si percepisce anche solo guardandosi attorno; bandiere di Cuba, volti del Che e di Fidel ovunque. Li trovi in un murales, in una vetrina, su una t-shirt orgogliosamente indossata, in un tatuaggio impresso per sempre sulla pelle.

Per una volta dimenticate hotel e resort e scegliete di alloggiare nelle casas particulares. E’ un’esperienza imprescindibile di questo viaggio che vi permetterà appunto, di entrare nelle case e nella vita dei cubani. Non affannatevi a prenotarle dall’Italia per ogni destinazione, limitatevi a scegliere solo quella nella città di arrivo. Se vi sarete trovati bene, chiedete al vostro host se ha conoscenze nella vostra meta successiva e sicuramente la risposta sarà affermativa. Chiamerà, prenoterà per voi e vi trascriverà l’esatto indirizzo.
La solidarietà e la collaborazione è una caratteristica peculiare dei cubani. Noterete ad esempio il vostro taxi collectivo accostarsi all’auto di un collega ferma a bordo strada per sincerarsi che sia tutto ok.
Anche se il vostro spagnolo sarà molto approssimativo, concedetevi una chiacchierata dopo la colazione magari, fate tutte le domande che serviranno a soddisfare la vostra curiosità.
Vi sentirete raccontare di come un poliziotto o un insegnante riesce a vivere con 20-30 dollari di salario statale al mese, come ci si abitua a vivere con frequenti interruzioni della fornitura di corrente elettrica, del rapporto di solidarietà tra cubani e di cosa rappresenti Fidel per loro.
Non andate in cerca di bar dove consumare insapori colazioni occidentali, bensí chiedete al vostro host di prepararvi un roseo succo di guayaba, una marmellata di mango e un uovo strapazzato. L’arredamento, molto spesso kitch, vi proietterà istantaneamente nelle case delle vostre nonne; soffici poltrone in panno, lumi in ceramica, tendaggi pacchiani e vistosi vi strapperanno un sorriso. Ma non aspettatevi roba vecchia e sporca, anzi. Noterete con quanta cura tengono pulita la loro mobilia.
Havana, l’alma de Cuba
Sono arrivato a l’Havana con l’animo predisposto al meglio; sapevo di incontrare difficoltà a gestire una doppia moneta (cosa mai successa prima) e le piccole “furberie” che ne conseguono, di dover dimenticare la nostra pratica oramai diffusa del “sempre e ovunque connesso”.
Gli spostamenti poi, troppo spesso sold-out con la famosa Viazul, ti costringono ad affidarti a scassatissime auto anni ’50, che si rivelerà essere una delle esperienze più autentiche di un viaggio in questo Paese.
Come in ogni località turistica avrai a che fare con zelanti camerieri che, per strada, si “preoccuperanno” che tu abbia pranzato, invitandoti a sedere nei loro ristoranti; decine di “jineteros“, che proveranno a venderti sigari scadenti presentati come Cohiba, o ad invitarti a prevedibili ma inesistenti festival di salsa.

Dovrai divincolarti dai vari bici taxi che si offriranno di portarti in giro. Tutto questo fa parte del “gioco”, soprattutto quando si giunge in un paese con evidenti difficoltà economiche dove tu sei, ovviamente, un frutto da spremere.

L’Havana è allo stesso tempo decadente ma ricca di fascino, chiassosa ma rilassante, povera ma sicura. Odierete lo smog ma non potrete fare a meno di girarla a piedi. Apprezzerete lo sfarzo del teatro dell’opera e la maestosità del Capitolio, cosí come un’anonima strada con palazzi fatiscenti e pericolanti e case con le porte sempre aperte.


Non si contano le coloratissime, alcune, e malmesse, altre, auto americane anni ’50 che sfrecciano tra i principali punti d’interesse, tante da farti credere, a volte, di essere stato proiettato indietro nel tempo nell’America dei gangster e non su di un’isola affacciata sui Caraibi.
Il sorriso sarà la caratteristica predominante che noterete su molti volti cubani, siano essi scuri con chiare origini afro, o chiari, discendenti magari dai conquistadores.
Se avrete voglia di farvi coinvolgere in qualche balletto o anche solo ascoltare un po’ di salsa cubana, dovrete solo farvi guidare dal vostro udito e troverete il locale che fa per voi.

Gustate una pizza cubana acquistata possibilmente da una signora dietro le grate di un normale appartamento trasformato in una pizzeria molto improvvisata. No, non è nostalgia, perché è differente!
Gustate la ropa veja, un piatto a base di manzo sfilacciato cotto nella passata di pomodoro, o l’onnipresente riso e fagioli neri.
Mojito, daiquiri, pina colada e cuba libre rinfrescheranno e, se esagerate rallegreranno ulteriormente, le vostre giornate. E se prima di preparare il vostro cocktail, il barman dopo aver aperto una nuova bottiglia, ne getterà a terra qualche goccia ( lo vedrete fare a qualsiasi cubano che apre una bottiglia sigillata) non preoccupatevi. Non è che il primo sorso non sia buono, è semplicemente un gesto di devozione verso un santo.
A l’Havana seguite sí il giro classico tra le attrattive principali, ma il consiglio è quello di perdersi tra le vie della città, dove ammirare stralci di vita quotidiana, autentica; questa regola vale per qualsiasi località dell’isola. Avrete la possibilità di incontrare qualche indigeno con cui parlare di Cuba e della sua storia, e come me, porterete a casa dei racconti di viaggio che conserverete trai vostri ricordi più belli.

Non può mancare al tramonto una passeggiata lungo il Malecon che, se avrete ancora forza nelle gambe, vi consiglio di percorrere a piedi.
L’atmosfera sarà ancora più suggestiva se avrete la fortuna di beccare una giornata ventosa; un pescatore che spera di racimolare una gustosa cena noncurante degli schizzi di fredda acqua oceanica, una coppietta che si scambia effusioni, gli immancabili bici taxi e un maxi-schermo dove genitori portano i propri bambini a guardare i cartoni animati. Sí, perché qui non tutti possono permettersi una tv, un frigorifero, una lavatrice, giusto per limitarsi agli elettrodomestici che tutti abbiamo nelle nostre case.
Molti di voi saranno contrari a metter piede nei due locali più famosi della città, il Floridita e la Bodeguita del medio dove, il secondo Ernest più famoso dell’isola, andava rispettivamente per il daiquiri nel primo e per il mojito nel secondo. Si racconta che nel Floridita, in una sola sera, riuscí a berne 13 doppi. Chissà che non abbiano contribuito a rendere più interessanti i suoi capolavori letterali.

Spingetevi a sud di Havana veja e cercate una delle tante palestre di boxe; nel paese è uno sport molto praticato, secondo solo al baseball. Cuba vanta molte partecipazioni olimpiche sul ring con risultati spesso soddisfacenti. Sarà bellissimo assistere agli allenamenti, soprattutto se a sfidarsi sono due bambini. “È tuo padre quello lí? Allora picchia!”, sottolinea il coach al “baby pugile” che incassa di più, concludendo con uno scappellotto dal sapore paterno.

Nella palestra, tenuta nascosta dalle gradinate, conosciamo 3 giovani pugili, tra i 20 e i 30 anni che si allenano; muri scrostati, la fioca luce di una lampadina, qualche panca e bilancieri arrugginiti. L’impegno che ci mettono però è da campioni, cosí come l’orgoglio di uno di loro nel mostrarmi una foto di una medaglia vinta a Liverpool.

Un tuffo nel verde di Vinales
Spostandosi verso la zona occidentale dell’isola lascerete il caotico traffico e l’onnipresente smog per immergervi nella natura, nella lussureggiante valle di Vinales e Pinar del Rio. Percorrendo la carretera central incontrerete già fuori dalla città cavalli che trainano vecchi carretti, ben diversi dalle carrozze per turisti spendaccioni della Capitale. Con le numerose palme a far da cornice, lungo la strada numerosi cartelli vi ricorderanno, se mai l’abbiate già dimenticato, l’importanza del socialismo, il nazionalismo cubano, il ricordo del Che e del Leader Maximo.

Vinales è un piccolo villaggio che conta forse più cases particulares che abitanti paradossalmente; Maribel, la nostra host, la definisce “el paraiso“. Nonostante l’alta densità turistica, regna comunque la quiete in questo paese. Potrete notare decine di campesinos spostarsi a cavallo o rilassarsi nel patío di una casa coloratissima.

Immaginate questa scena: casa giallo ocra, tramonto, luce calda che ne accentua il colore e le ombre del colonnato che man mano si allungano sui muri; due vecchietti, sigaro alla mano, bottiglia di rum tra i piedi e tazzine di caffè a fare da bicchiere, chiacchierano sotto il patío della casa di uno dei due. Uno parla, l’altro ascolta ridendo di gusto, lasciandosi cullare da una vecchia sedia a dondolo in legno, accarezzati da un timido vento che quasi ogni giorno compare al calar del sole.
Quella che sembra un’immagine da incorniciare, a Vinales potrete ammirarla (e magari immortalarla) con i vostri occhi. Nonostante sia molto turistica sia per l’impostazione e sia perché cercheranno di vendervi di tutto, l’escursione a cavallo che porta, attraverso la “valle del silenzio”, a visitare fattorie e piantagioni di tabacco, è una piacevole e rilassante passeggiata immersi nel verde.

Nelle vicine (per distanza, non per tempo occorrente per raggiungerle) Cayo Jutas o Levisa, potrete rilassarvi distesi su una spiaggia di sabbia bianca finissima, con le mangrovie che spesso crescono anche ben oltre il bagnasciuga. Se siete nella giornata giusta, beccherete lontano dai lidi attrezzati qualche pescatore che vi offrirà un’aragosta alla griglia. E vi assicuro che mangiare con le mani un crostaceo, seduti nella sabbia di fronte ad un mare turchese, è un’esperienza “ottico-culinaria” che consiglio a tutti.

Se il vostro viaggio proseguirà verso oriente, la tappa successiva sarà probabilmente la deludente Cienfuegos; tranquilla città (anche troppo) che va bene come base di partenza per visitare la riserva de El Nicho. Fatta eccezione per il Malecon al tramonto, questa città non mi ha entusiasmato.

In questi racconti di viaggio a Cuba c’è un ottimo ricordo di Cienfuegos però: chiacchierare per più di un’ora ( io in uno spagnolo troppo spesso improvvisato, lui usando qualche parola in italiano) con un conduttore di bicitaxi al tramonto, di fronte al mare, sorseggiando una pina colada e ascoltando racconti di vita vissuta, problematiche, sogni e progetti, vi assicuro che vale più di qualsiasi museo o guida specializzata. La realtà cubana la si apprende dalle parole di un indigeno, dai suoi occhi, un mix di emozioni contrastanti, rassegnazione e speranza, orgoglio e delusione.
In tutte le città che visiterete capiterà di incrociare qualche uomo o donna vestito completamente di bianco, accessori compresi; non serve a combattere il caldo ma vorrà dire che avrete incrociato un santeros, ovvero un affiliato alla santeria, una religione africana insediatasi sull’isola ai tempi dello schiavismo e ancora ben ramificata e diffusa. Tra le curiosità che siamo riusciti ad apprendere da qualche cubano c’è che questo rigoroso dress-code va rispettato per un anno intero, durante il quale fra le tante regole, prevede ľimpossibilità di maneggiare denaro e di baciare altre persone.
Trinidad, racconti di un viaggio nel passato di Cuba
Un viaggio a Cuba non si può definire “completo” se non si visita Trinidad. La città che solo 6 anni fa (2014) ha festeggiato il suo quinto centenario, la definirei una “bomboniera”; fate uno sforzo una mattina e uscite per le sette, quando i vacanzieri dormono. Negozi, bar, ristoranti sono tutti chiusi; dimenticate, a Cuba, i bar che aprono alle 5, con le colazioni già pronte. Potrete gustarvi una città quasi deserta, illuminata ad hoc dal sole che si alza (nel caso siate apprendisti o esperti fotografi); le uniche presenze che incontrerete, saranno i cubani che si recano al lavoro.


Chi a cavallo come un cowboy, chi con il carretto, chi in bici. Vale la pena fare questo sacrificio, visto che durante la giornata sarete uno dei tantissimi turisti che la prendono d’assalto. Trinidad, come molte guide riportano, alle prime luci dell’alba vi sembrerà veramente una città ferma a metà ottocento. Le sue case in stile coloniale, le vie acciottolate, il rumore degli zoccoli di un cavallo in lontananza.
La città merita una visita anche fuori dal circoscritto centro storico, per il solito motivo che vi permetterà di conoscere la città al di fuori del mondo “patinato” della zona turistica. Due infradito posti a centro strada sono la porta improvvisata di una frenetica partita a calcio tra bambini; scalzi, a torso nudo, si rincorrono felici e ignari forse, che in altre parti del Mondo, i loro coetanei corrono su campi in erba, calciando il pallone con costosissime scarpe firmate. Vi potrà capitare di incontrare anche dei ragazzini, che scalzi e con tanta fantasia, hanno trasformato una semplice via in un campo da baseball.

Quattro sedie e altrettanti giocatori che con le loro ginocchia reggono un piano in legno chiamato a far da tavolo, si sfidano in un’agguerrita partita a domino, seguiti da diversi tifosi. E deve essere un passatempo molto sentito, a giudicare dalla veemenza con cui picchiano nervosamente sul tavolo per indicare il passaggio di mano, o con cui sbattono fieramente la tessera sul piano, che allunga un fantasioso serpente bianco, con la pelle a pois bianca e nera.


Una signora si rilassa su una sedia a dondolo, leggendo il Granma, il quotidiano di partito; un fruttivendolo prova, con non troppa convinzione conoscendo la risposta, a venderci una collana di aglio o cipolle.
Si ritorna in piazza e una caratteristica balza all’occhio, subito: quel largo, pensato centinaia di anni prima come punto di aggregazione, oggi, per colpa del wi-fi presente quasi esclusivamente nelle piazze, è invece luogo di disgregazione; ognuno seduto con la testa china sul proprio smartphone, isolato da chi ha a fianco ma collegato virtualmente con il resto del Mondo. Paradossale vero?
C’è chi starà tranquillizzando i genitori durante il suo primo viaggio intercontinentale, chi starà giurando fedeltà alla gelosissima fidanzata lasciata a casa a discapito di un viaggio tra amici, chi invia e ascolta decine di note audio, chi non riesce a godersi quei momenti pensando a scorrere una fredda home di un social network, mentre di fronte il cielo si tinge di rosso al tramonto, con un campanile e delle rondini a completare la foto da cartolina.

La sera è molto movimentata Trinidad, con la sua casa della musica, sulla scalinata in centro, che conquista una buona fetta di pubblico, per fortuna non solo turisti. Diversi gruppi si alternano sul palco, per la gioia del pubblico compiaciuto.
Lasciatevi la scalinata alle spalle e percorrete la breve discesa che vi troverete di fronte. Svoltate subito a destra e aprite bene le orecchie: sulla sinistra troverete l’entrata per l’ atrio di un locale senza nome dove all’interno qualche centinaio di cubani sta ballando, bevendo e facendo festa allegramente. Mi ha sorpreso come, nel cuore del centro storico, fossi uno dei pochi turisti presenti. Proprio forse grazie a questo ho respirato, per qualche ora, un’aria di festa più autentica.
Da Trinidad si può prendere un bus dal centro che in circa 30 minuti vi condurrà a Playa Ancon, una lunga spiaggia di sabbia bianca sulla quale rilassarvi.
Avendo la fortuna di vivere nel Salento, posso affermare con assoluta certezza e un pizzico d’orgoglio che una nostra spiaggia ionica non ha nulla da invidiare a questa tanto decantata, anche da molte guide famose, spiaggia caraibica.

Camaguey, il labirinto
Se il vostro itinerario vi porta verso oriente, per raggiungere Santiago o Baracoa, potreste fare una sosta per spezzare il viaggio nella labirintica Camaguey; costruita volutamente con una pianta fatta di vie che s’intersecano continuamente tra loro, per confondere i pirati che vi arrivavano, metterà a dura prova anche il vostro senso d’orientamento. È piacevole passeggiare senza meta tra le sue vie, apprezzando le case in stile coloniale o una delle piccole ma accoglienti piazze. Non dedicherei più di una notte a questa città, che mi ha permesso di conoscere Reisy, l’host migliore di questo mio viaggio itinerante tra una casa particular e un’altra. Avete idea cosa si intenda quando si dice “come una mamma”? Ecco, potrebbe essere un buon testimonial di questo modo di dire.
Il paradisiaco mare di Cuba
Nei racconti di viaggio a Cuba non può mancare il meraviglioso mare caraibico. Se dopo Camaguey non vorrete spingervi troppo ad ovest e vorrete trascorrere qualche giornata di relax al mare, potreste salire verso Moron e raggiungere le turistiche Cayo Coco o Guillermo; qui potrete optare per un lussuoso e “finto” resort a due passi dal mare, o per una casa particular nella sonnecchiata e tranquilla Moron, che definirei la città delle biciclette. Qui la densità delle auto e delle moto cala drasticamente per lasciar spazio a bici e bicitaxi, tra i più bizzarri visti sull’isola.
Si percepisce da subito quanto sia meno turistica e quindi più genuina questa città; un esempio su tutti il piccolo ristorante sotto casa dove mangiare pollo e riso per 1,40 €. La città non offre nulla di particolarmente interessante e può andar bene come base di appoggio per i Cayo. Unica eccezione il Buena Vista social club in centro che organizza serate musicali innaffiandole con ottimi cocktails a soli 2 cuc.


Santiago de Cuba, uno spicchio d’Africa

Se continuate verso est, incontrerete sul vostro cammino Bayamo, che non ho avuto il tempo e il piacere di visitare. Ancora più a est, e sempre più calda, troverete Santiago de Cuba. Prima capitale del paese fino alla scelta di spostare la centralità all’Havana, è molto diversa da quest’ultima; balza subito all’occhio una connotazione più afro, dovuta al fatto che in passato fu punto di approdo per le navi cariche di schiavi che provenivano dal continente africano. È la città considerata più caraibica dell’isola, per via del numeroso esodo avvenuto dalla vicina Haiti e Repubblica Dominicana nel corso dei secoli.




Svolge un ruolo importante anche per la recente storia di Cuba, visto che il fallimentare assalto da parte dei Castristi alla caserma di Moncada, viene considerato il focolare della successiva riuscita Revolucion. In virtù di questo importante episodio forse, in questa città si tocca con mano l’attaccamento dei cubani alla loro storia e al loro Leader Maximo, che tra le vicine cime della Sierra Maestra si nascose dopo il fallito assalto. L’ex caserma Moncada, ora sede di una scuola, ospita anche un museo, uno forse dei più interessanti dell’isola sulla storia della rivoluzione.

A nord-est di Santiago e nord-ovest potrete trovare rispettivamente Baracoa e Holguin. La prima, meta turistica di chi vuole assaporare un po’ di cuba autentica e “selvaggia”. La seconda , base di appoggio per chi vuole godere delle belle spiagge di Guardalavaca, con una situazione simile a quella di Moron.
Santa Clara, la città del Che
La penultima tappa del mio viaggio a Cuba è stata Santa Clara, altra città simbolo nella storia della rivoluzione castrista. Qui giacciono le spoglie del Che e di altri guerriglieri, recuperate in una fossa comune in Bolivia a 30 anni dal seppellimento ( che ho avuto la “fortuna” di visitare appena 3 mesi prima). A prescindere che voi siate un estimatore del combattente argentino o meno, la città merita una breve sosta, in quanto personaggio simbolo del secolo scorso.
In Santa Clara avvenne inoltre un episodio cruciale per la storia della Revolucion; qui el Che fece deragliare un treno carico di soldati inviati da Batista verso Santiago a dar man forte nel pieno della rivolta castrista.
In un quadro appeso in soggiorno, in un murales e soprattutto al mausoleo si percepisce la venerazione della gente di Santa Clara per il combattente medico argentino. La città è molto viva anche la sera, con tanti giovani che si riversano in piazza e per le vie del centro.


La conclusione dei miei racconti di viaggio a Cuba
Ed eccomi arrivato alla conclusione di questo “breve” viaggio a Cuba durato 18 giorni attraverso l’isola; l’ultima notte passata dove tutto è iniziato, nella caotica ed affascinante Havana, la chiusura simbolica di un cerchio. Riporto a voi i racconti di viaggio che mi ha fatto conoscere un popolo prima che un Paese straordinario.
Ricorderò a lungo le strette di mano, i sorrisi genuini e gli abbracci, le attenzioni delle signore incontrate nelle case, la loquacità di alcuni e il silenzio di altri taxisti. I colori e i suoni continueranno a rimbalzare a lungo nella mia mente, cosí come il profumo della “erba buena” e dei sigari, il sapore di un succo appena spremuto a colazione e quello di un’aragosta mangiata di fronte ad un mare turchese.
Non ti dimenticherò Cuba! Ti auguro di migliorare sotto alcuni aspetti ma di non cambiare troppo, per mantenere quel fascino genuino che ancora, in alcuni luoghi, trasmetti.
Se dovessi racchiudere le impressioni di Cuba in poche righe lo farei con un episodio: noti due simpatici vecchietti che si rilassano su di una sedia a dondolo nel patío della loro casa. Chiedi il permesso di poter scattare loro una foto e non solo acconsentono sorridendo, ma radunano il resto dei familiari, per poi offrirti una tazzina di rum. Chi meno possiede spesso è quello in grado di offrire di più.
Hasta luego, isla loca! ♥

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